A QUALCUNO PIACE BOLLENTE

Vorremmo dire la nostra, noi del WWF litorale laziale, sulla recente delibera di abbattimento di numerosi esemplari adulti di pino domestico che la Giunta Comunale di Terracina ha emesso a seguito di una semplice relazione della Polizia Locale secondo la quale gli alberi in questione vanno abbattuti perché pericolosi per l’incolumità dei cittadini; ma oltre ciò, non è stata esibita alcuna perizia tecnica dalla quale risulti l’effettiva pericolosità di ognuno di questi alberi, per cui la drasticità della decisione, francamente, ci sembra a dir poco incomprensibile. Non dovrebbe un’Amministrazione conservare un rapporto di assoluta trasparenza con i cittadini?  E’ chiaro che se le scelte vengono imposte dall’alto, senza spiegazioni esaustive, la cittadinanza, o buona parte di essa, si sentirà in (legittimo) diritto di protestare, tanto più che si tratta, in questo caso particolare, di un atto deliberativo che appare dettato dall’approssimazione e dal pregiudizio, senza che venga tenuta in alcun conto l’importanza di un patrimonio arboreo ormai ridotto all’osso di cui dovremmo occuparci con la massima cura, dati i tempi correnti. Su un punto, infatti, dovremmo essere tutti d’accordo: il cambiamento climatico non è un’opinione! E’ un tema troppo serio per essere relegato nell’empireo degli ideologismi e se la neutralità carbonica è un obiettivo troppo lontano da raggiungere per vari motivi legati alla geopolitica, l’ecoadattamento o la resilienza (chiamatelo come vi pare), come terapia parallela nel contrastare gli effetti derivanti dal global warming, è un’urgenza innegabile. Pena la nostra esistenza.

Eppure, basterebbe affacciarsi sul mondo e si saprebbe che molti Paesi stanno da tempo provvedendo a fronteggiare le catastrofi ormai inevitabili rigenerando città e metropoli con soluzioni ecosostenibili che puntano soprattutto sulla forestazione urbana, sulla depavimentazione delle città, sulla tutela delle falde idriche e sul ripristino e difesa della biodiversità, fondamentale per la vita sul pianeta. Tutti argomenti da noi trattati e proposti all’Amministrazione di Terracina, per ben 2 anni consecutivi, in occasione di “URBAN NATURE”, evento a carattere nazionale del WWF che ha lo scopo di promuovere la valorizzazione e la naturalizzazione del verde urbano come antidoto alla crisi climatica. Sia nell’edizione autunnale del 2023 che in quella del 2024, abbiamo inviato un nostro elaborato all’Amministrazione comunale, agli assessori competenti, ai consiglieri e ai dirigenti degli uffici tecnici, con proposta di collaborazione. Lo stesso documento lo spedimmo anche al Comune di Latina che, pensate un po’, tempo dopo ci ha risposto convocandoci per un incontro durante il quale l’assessore all’Ambiente del capoluogo di provincia, non solo ha mostrato sensibilità per le questioni poste, ma si è detto disponibile per una futura collaborazione. Un esempio incoraggiante che ci saremmo aspettati anche dal nostro Comune. Restiamo in fiduciosa attesa.

Per rimanere in tema, riteniamo utile estrapolare un punto dal nostro ultimo documento che riguarda proprio la forestazione urbana, tassello fondamentale incluso nell’ambito della rigenerazione urbana e in particolare, evidenziamo la necessità dei grandi alberi all’interno della città.

<Abbiamo bisogno di una maggiore copertura arborea ed arbustiva per contrastare l’inquinamento, per avere più ombra nei periodi caldi dell’anno e per la nostra salute, e gli alberi, soprattutto i grandi alberi, sono la soluzione. Sappiamo che i terreni in cui piantarne di nuovi sono insufficienti a causa della mancanza di una buona pianificazione che prevedesse spazi verdi ben distribuiti nel contesto urbano e adeguati al numero dei residenti e di una cementificazione selvaggia che tuttora continua a flagellare l’intero territorio comunale. Di conseguenza, quello che proponiamo è (oltre a piantarne di nuovi ove possibile) tutelare i pochi grandi alberi che ancora ci restano come patrimonio inestimabile e puntare sul miglioramento della qualità di aiuole, parchi e giardini pubblici, conferendogli il più possibile le caratteristiche tipiche di un bosco naturale (soluzione utile per la tutela della biodiversità e dunque anche per il contrasto alle malattie fungine o batteriche che colpiscono le piante in misura crescente, dati gli stress conseguenti al cambiamento climatico). Per raggiungere questo obiettivo, occorre confrontarsi con la realtà dello stato attuale e con i risultati della ricerca e riferirsi ad esempi di realizzazioni fuori dai nostri confini, che sono molti e ben collaudati. Questa è una premessa importante per procedere ad una pianificazione mirata ad una rigenerazione urbana veramente sostenibile in cui gli alberi siano, finalmente, i protagonisti principali per costruire un futuro migliore. La presenza dei grandi alberi è fondamentale perché forniscono all’ ambiente e ai suoi abitanti servizi ecosistemici essenziali e un’influenza benefica sulla psiche degli individui riducendone l’ansia, come dimostrato da numerosi studi scientifici. Ricordiamo che i benefici che essi generano, sono di gran lunga superiori a quelli generati da piccoli e giovani alberi, che impiegheranno decenni per divenire altrettanto performanti. Soprattutto ora che stiamo subendo le alte temperature di stagioni estive sempre più prolungate, l’ombra di un albero adulto e dalla chioma ben sviluppata è più che mai necessaria per combattere la formazione delle famigerate isole di calore, letali per le fasce più fragili della popolazione (quelle costituite da bambini piccoli, anziani e indigenti) e per i lavoratori del settore edile e agricolo. Il numero crescente delle morti a causa del surriscaldamento degli ambienti urbani, ha spinto le amministrazioni di alcune metropoli e città straniere ad adottare una nuova figura istituzionale: il CHO (Chief Heat Officer), o “Direttore del calore”, un esperto di strategie che rendano più resilienti e vivibili le città” >.

Sottolineiamo che le ondate di calore, che durante i freddi invernali tendiamo a dimenticare, qui da noi diventano sempre più frequenti e insopportabili e l’ombra diventa una risorsa “civica”, una condizione necessaria per la nostra salute. Secondo i risultati di uno studio riportato sul “National Geographic”, le temperature delle strade esposte alle radiazioni solari raggiungono dai 3 ai 7°C in più rispetto a quelle ombreggiate dagli alberi. Ne sappiamo qualcosa noi terracinesi quando in estate percorriamo a piedi le vie cittadine o quando parcheggiamo la nostra auto lungo le strade o nei piazzali antistanti i supermercati: per mancanza di chiome verdi raffrescanti, tortura assicurata che ci viene dalle grandi superfici asfaltate e dalle lamiere roventi delle automobili.

Per queste ragioni ci sconcerta la delibera di abbattimento dei pini che la giunta ha prodotto e crediamo che in  questo rientri anche un pregiudizio pericoloso che ha ben attecchito  nella mentalità comune (di cui, a quanto pare, i nostri amministratori si fanno dei convinti portabandiera): il Pino domestico ( Pinus pinea) passa per essere un” albero killer”, pericoloso a prescindere e vittima di maniacale dendrofobia, nonostante gli enormi benefici che ne derivano in termini di difesa della biodiversità, azione purificatrice dell’aria, miglioramento dei livelli di stress a causa dei composti organici volatili che emette e via dicendo.

E per quanto riguarda la sostituzione dei pini da abbattere: perché optare per una sola specie (Cinnammomum camphora) in via Appia, in via Badino e in viale Europa? E’ stato richiesto il parere di un agronomo? C’è la consapevolezza del fatto che le piantagioni monospecifiche sono la soluzione peggiore in termini di difesa ambientale?

In conclusione ci chiediamo: ma costoro, i decisori, non hanno genitori anziani, figli o nipoti delle cui sorti preoccuparsi? Hanno preso davvero coscienza della minaccia globale che sta sconvolgendo il mondo intero? Possibile che non si rendano conto delle interrelazioni che legano tutti gli aspetti della realtà in cui viviamo?

 E, soprattutto, sono consapevoli del peso del proprio ruolo e delle conseguenze delle proprie decisioni nei confronti dell’intera comunità cittadina da ora ad un domani non poi così lontano?

Osservazioni sul nuovo PUA

Sono mesi, forse più di un anno che seguiamo le vicende del PUA per la nostra città. Prima il PUAR (piano della Utilizzazione Arenile Regionale) che ci sembrava, nell’impianto generale, abbastanza accettabile. Accettabile e condivisibile perché partiva (parte) da presupposti importanti ormai ineludibili in qualsiasi parte del mondo: i cambiamenti climatici, ormai accertati e provati, stanno provocando a livello planetario una crisi climatica sempre più presente e pressante sulla natura, sui territori e naturalmente sulle comunità umane, per questo vanno adottate strategie di mitigazione e adattamento per ridurne gli effetti. Queste premesse le abbiamo trovate poi declinate nel PUA comunale, adottato preliminarmente dal consiglio comunale in epoca commissariale, dove venivano precisate alcune prescrizioni nel senso di quanto scritto precedentemente.
Inspiegabilmente invece il consiglio comunale, entrato in carica nel settembre 2023, invece dell’adozione in via definitiva ha optato per una revisione del documento.
Certo le ragioni sono apparse subito chiare tanto che si parla, ancora nell’ultimo consiglio, di “adeguare il PUA alle esigenze dei cittadini” e di quali cittadini è facile immaginarlo, non certo i cittadini che non potendosi permettere le tariffe in vigore presso gli stabilimenti balneari, potrebbero comunque usufruire della spiaggia libera. Ed è ipocrita definire spiaggia libera un tratto di arenile dove l’erosione è evidente e pesante, la pulizia assente e dove in compenso abbondano solo i sassi arrivati chissà da dove; spiagge libere di superfici irrisorie e molto spesso di pochi metri lineari.
Senza considerare che tutta la baruffa, 9 ore di commissione demanio, si è consumata sul tratto di arenile prospiciente la zona urbana. Senza considerare che dalla foce di Badino verso Sisto e dalla spiaggia di levante verso Napoli si assiste ad un vero e proprio Far West. Imprenditori balneari che spianano tratti di duna residua, realizzano ripascimenti, chiamati in un altro modo, in proprio, utilizzano le famose scogliere, quelle del ripascimento del 2006 per intenderci, ad uso e consumo personale; proprietari di ville costruite sulla sabbia che invece del ripascimento alzano muri, anche doppi, al risparmio, per fermare la furia del mare laddove l’erosione è davvero importante. E infine accessi inesistenti, negati perché di pertinenza di ville, villette, bar e campeggi.
Altro tema assolutamente eclissato è quello dell’uso dell’arenile, ormai da 5 anni, da parte delle tartarughe Caretta caretta, specie protetta, i cui individui femmine insistono ad uscire dal mare e tentare la nidificazione sul nostro litorale. Neanche una parola sulla necessità di regolamentare la pulizia della spiaggia, sull’uso dell’illuminazione e altro. Una dichiarazione di “Comune amico delle tartarughe” non si nega a nessuno, una stretta di mano davanti al fotografo e il gioco è fatto. Diverso è operare, di concerto con i ricercatori della Regione che operano sul campo, affinché questi animali possano trovare un ambiente accogliente o quanto meno non respingente o ostile; ne è la prova il ritrovamento di tracce senza nidificazione (U turn) segno che la tartaruga è uscita ma, disturbata, è tornata in mare, oppure il ritrovamento della traccia dell’egg chamber (camera scavata nella sabbia dove la tartaruga depone le uova) scavata ma non utilizzata, vuota, e anche in questo caso pensiamo che la tartaruga sia stata spaventata o disturbata.
E non si pensi che il PUA sia altro rispetto alla gestione del verde o della mobilità nel tratto immediatamente contiguo all’arenile. Molte Tamerici, alberi che regalano un’ombra gradevolissima e senza soluzione di continuità in alcuni tratti, sono inspiegabilmente morte stecchite e la loro mancanza non si è fatta sentire specie per quelle attività commerciali che le vedevano come un intralcio. Il verde delle aiuole viene potato in malo modo e dove ci dovrebbero essere essenze striscianti spesso la terra è desolatamente coperta da plastica o da rifiuti. Per quanto riguarda la mobilità la pista ciclabile, unica in città, è dominio di bici elettriche che sfrecciano anche a 40Km orari e la sede stradale è perennemente invasa da auto che inquinano l’aria. Inoltre sia la sede stradale che la pista ciclabile si allagano puntualmente ad ogni piccola pioggia perché i tombini sono occlusi e le acque, vorremmo ricordare che raccolgono gli inquinanti che si depositano sull’asfalto, si disperdono sull’arenile invece che essere convogliate correttamente.
In questo momento (ore 18.00 di giovedì 3 ottobre), mentre si discute usando bizantinismi per arrivare non si sa dove, una potente mareggiata si è mangiata la spiaggia, viale Circe è tutto allagato e l’acqua arriva a coprire i marciapiedi e in via Badino, davanti alla scuola Giovanni Paolo, le auto affondano fino a metà delle ruote nell’acqua che non è riuscita a defluire a causa della cementificazione e della pessima rete fognaria.
Non si può far finta di niente davanti alle centinaia di metri quadrati di mattoni di cemento lasciati sull’arenile dopo lo smontaggio delle strutture. In termini di impermeabilizzazione del suolo e di erosione equivalgono a un palazzo o un parcheggio.
Non possiamo tacere perché non degno di una città davvero sostenibile e solidale, la situazione dell’arenile circa l’accesso ai disabili.
In sintesi quindi la nostra associazione richiama l’amministrazione ad avere a cuore davvero la salute dei cittadini e dell’ambiente cercando e mettendo in atto strategie che aiutino l’economia che in tutto il mondo quando si parla di turismo sostenibile, è un settore in continua crescita. Il focus dell’azione amministrativa quindi si dovrebbe fissare su;
PUA (modificato)
PIANO DEL VERDE (indispensabile per il caldo estremo e le piogge torrenziali anche sul litorale)
PUMS (con rifacimento del sistema di captazione delle acque meteoriche)
E soprattutto controlli.