1993-2013 Venti anni di degrado e abbandono del vecchio ospedale; e se i terracinesi se lo riprendessero?

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Sono passati venti anni dalla sua perdita da parte della città di Terracina ad opera del decreto dell’allora ministro della Sanità, Francesco De Lorenzo, che imponeva il passaggio al patrimonio delle ASL di tutte le strutture comunque occupate da queste alla data della sua applicazione. E pensare che l’ospedale nuovo era già costruito ma si tardò nelle operazioni di trasferimento fino a superare il fatidico 31 dicembre per cui la struttura, ancora occupata dai reparti, passò “legalmente” dal Comune alla Regione.

In questi due decenni sul vecchio ospedale è stata realizzata l’operazione economico-finanziaria della cartolarizzazione mentre è stata mandata in malora sotto gli occhi dell’intera città e dei turisti che la visitano la struttura in gran parte costituita da edifici storicamente rilevanti.

All’epoca le uniche voci che si levarono contro la perdita di tale patrimonio furono quelle delle tre Associazioni storiche, ArcheoclubCultura e TerritorioWWF;  si attivarono subito inviando alle Istituzioni in qualche modo coinvolte una lettera         ( lettera1 lettera2 ) in cui opponendosi al trasferimento della struttura del vecchio ospedale al patrimonio della USL LT5  ne chiedevano un uso socio-culturale, vista la sua posizione di cerniera naturale tra il centro storico alto e il parco naturalistico-archeologico di Monte sant’Angelo.

In questo non fecero altro che riprendere il progetto elaborato anni prima dagli architetti Cervini e Giusberti ProgCervini.

Che il vecchio ospedale ospitato nell’ex convento di san Francesco rientrasse nel patrimonio della città di Terracina non c’erano dubbi come appare nell’Inventario generale dei Beni immobili, mobili e di uso pubblico compilato nel 1900 dal regio commissario Giovanni Muffone Invent1Invent2Invent3.

La ricostruzione delle vicende dei beni dell’ex-convento di san Francesco desunta da documenti giacenti presso l’Archivio centrale dello Stato di Roma presentata in allegato alla lettera alle Istituzioni, meritoriamente ripresa e ampliata in tempi più recenti dal blog di TerracinaRialzati e che qui si può leggere, mostra la cronica mancata difesa degli interessi della città da parte dei propri rappresentanti.

Oggi, c’è qualche rappresentante terracinese nelle Istituzioni, Comune-Provincia-Regione, disposto a fare propria la rivendicazione dell’ex-ospedale studiando la questione e cercando la forma migliore per garantirne il successo?

Il vecchio ospedale di Terracina continua ad essere terra di nessuno

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Continuano i raid di ignoti nei locali fatiscenti del vecchio ospedale, a chi tocca fermarli?

 

 

Sulla stampa locale oggi viene riportata la denuncia di cittadini residenti intorno al vecchio ospedale che hanno avvertito la presenza di persone all’interno della struttura nonostante la chiusura dei cancelli.

Da tempo si registrano atti di vandalismo e gesti pericolosi come il lancio di pietre sul sottostante parco della Rimembranza, incursioni nei vicini locali del gruppo scout e incendi di materiale cartaceo nelle sale, l’ultimo ha messo in serio pericolo la stessa vegetazione del parco.

A chi appartiene il vecchio ospedale?  E’ ora che i proprietari prendano tutte le misure necessarie prima che avvenga l’irreparabile.

Sono a rischio i visitatori del parco, i volontari che vi lavorano nella manutenzione e lo stesso curatore, prof. Selvaggi.

 

La struttura pare sia accatastata a carico dell’Azienda sanitaria locale che la detiene da vent’anni.

Un decreto legislativo (ministro della sanità Francesco De Lorenzo), il d.l. n.502 del 30/12/1992 applicativo della legge n.421 del 23/10/1992 stabilì all’art.5 che “ Nel rispetto della normativa regionale vigente, tutti i beni mobili, immobili, ivi compresi quelli da reddito, e le attrezzature che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, fanno parte del patrimonio dei comuni con vincolo di destinazione alle unità sanitarie locali sono trasferiti al patrimonio delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere;….”

A quell’epoca la costruzione del nuovo ospedale era ultimata da mesi ma il trasferimento tardò tanto da far ricadere la struttura nella trappola del decreto De Lorenzo.

La comunità perse una proprietà patrimoniale che le era stata assegnata “in enfiteusi dalla sacra Congregazione degli Studi con istrumento atti Bartoli del 3 ottobre 1858”, come appare nell’Inventario Generale dei Beni Immobili  Mobili e di Uso Pubblico compilato dal regio commissario nel 1900.

 Il proprietario, quindi, si faccia avanti e si assuma le proprie responsabilità non solo nella messa in sicurezza della struttura e nel chiudere gli accessi a chicchessia  ma anche per evitare i danni che potrebbero essere arrecati alla parte storica dell’edificio.

Almeno per quest’ultimo aspetto sarebbe necessario anche l’intervento delle Istituzioni, Comune e Sovrintendenza ai Beni culturali.

Finalmente anche in Italia una legge sulla tutela degli alberi monumentali!

dal sito testata3

FORUM ITALIANO DEI MOVIMENTI
PER LA TERRA E IL PAESAGGIO

Gli alberi sono essenziali per la nostra salute ed hanno anche un valore storico e culturale. La loro conservazione è fortemente collegata alla difesa del territorio. L’Italia ha finalmente una legge che tutela gli alberi monumentali: la Legge 10/2013 “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani”.

Ecco un estratto dell’articolo di Carolina Tagliafierro, Economista del Paesaggio.

Pubblicata in G.U. 01.02.2013, la legge arriva a colmare un vuoto legislativo a livello nazionale che metteva a rischio la stessa sopravvivenza dei “grandi patriarchi verdi”. La mancanza di una legge nazionale, infatti, aveva creato un’area di autonomia legiferativa da parte delle regioni e l’esistenza di leggi e regolamenti diversi, che di fatto rischiavano di indebolire tutto l’apparato di tutela.

L’art. 7 della nuova legge riporta le “disposizioni per la tutela e la salvaguardia degli alberi monumentali, dei filari e delle alberate di particolare pregio paesaggistico, naturalistico, monumentale, storico e culturale”. A tal fine si definiscono i criteri per identificare un albero monumentale, rendendoli univoci ed omogenei su tutto il territorio nazionale. Si definisce, quindi, albero monumentale:

a) l’albero ad alto fusto isolato o facente parte di formazioni boschive naturali o artificiali ovunque ubicate ovvero l’albero secolare tipico, che possono essere considerati come rari esempi di maestosità e longevità, per età o dimensioni, o di particolare pregio naturalistico, per rarità botanica e peculiarità della specie, ovvero che recano un preciso riferimento ad eventi o memorie rilevanti dal punto di vista storico, culturale, documentario o delle tradizioni locali; 

b) i filari e le alberate di particolare pregio paesaggistico, monumentale, storico e culturale, ivi compresi quelli inseriti nei centri urbani; 

c) gli alberi ad alto fusto inseriti in particolari complessi architettonici di importanza storica e culturale, quali ad esempio ville, monasteri, chiese, orti botanici e residenze storiche private.

Entro sei mesi dall’entrata in vigore, i comuni devono identificare principi e criteri per il censimento degli alberi monumentali nel proprio territorio e fornire questa informazione alla rispettiva Regione, la quale, a sua volta, entro i successivi sei mesi (quindi più o meno entro febbraio del prossimo anno), redige l’elenco regionale e lo trasmette al Corpo Forestale dello Stato (CFS). E’ il CFS che ha il compito di gestirel’elenco nazionale, che deve essere reso pubblico e disponibile a tutti sui siti internet delle competenti istituzioni. Per le Regioni afflitte da “persistente inerzia” il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali attiva i poteri sostitutivi.

Questa legge costituisce, quindi, un’importante novità. Per la prima volta in Italia, la tutela degli alberi monumentali e’ legge dello Stato e gode di un quadro normativo omogeneo per tutte le regioni.

Agli alberi monumentali e’ riconosciuto non solo un valore ambientale ma anche culturale: essi diventano simbolo di importanti eventi storici, culturali, tradizioni o semplicemente identificano l’identità di un luogo e della gente che vi vive.

Se tutto va bene, tra un anno dovremo avere un database degli alberi monumentali italiani, ai quali potra’ essere applicata una tutela specifica.

La conoscenza dell’attuale presenza sul territorio di alberi monumentali, infatti, e’ prerequisito importante per l’attivazione delle misure di tutela e conservazione previste dalla nuova legge, quali la limitazione di attività nell’intorno che possano essere di danno, la identificazione di misure di gestione ordinaria e straordinaria ed il sanzionamento con una multa da 5.000 a 100.000 euro in caso di abbattimento o danneggiamento, che costituisce comunque reato.

Leggi l’articolo completo (file pdf, 110 kb) >

Il cartello degli ambientalisti ha incontrato Lista Monti, LNP, Movimento 5 Stelle, Pd, Pdl, Rivoluzione Civile, Sel, Fratelli d’Italia e si è confrontato con i leader Ingroia, Maroni e Vendola e con molti candidati alle elezioni nazionali. Ecco il resoconto.

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“C’è un cambio di passo nell’attenzione ai temi ambientali in questa campagna elettorale, che però ancora stenta a diventare consapevolezza sulla necessità di un Green Deal per uscire da una crisi che è nel contempo economica ed ecologica e c’è una voglia trasversale agli schieramenti di collaborare al di là degli steccati alla ri/conversione ecologica del Paese: lo ricaviamo dalle 16 ore di maratona per 8 incontri che abbiamo avuto con tutte le forze principali di centro-sinistra, centro e centro-destra, in lizza nelle Elezioni 2013, alle quali abbiamo chiarito che siamo disposti a collaborare anche dopo le elezioni, verificando nei primi 100 giorni di Governo la qualità del loro impegno”.

 

Questo è il primo risultato del forcing di sette tra le più importanti associazioni ambientaliste, a cui aderiscono oltre un milione di iscritti (CAI, FAI, Federazione Pro Natura, Greenpeace Italia, Legambiente,Touring Club Italiano, WWF), che hanno proposto all’attenzione delle forze politiche  il loro documento di 80 proposte (di cui 28 prioritarie)” Elezioni nazionali 2013: Agenda ambientalista per la Ri-Conversione ecologica del Belpaese”.

 

Il cartello di  7 associazioni ha incontrato i leader di partito Antonio Ingroia (Rivoluzione Civile), Roberto Maroni, (Lega Nord Padania), Nichi Vendola (Sel) e complessivamente 19 candidati alle elezioni nazionali. Per il Pd hanno incontrato, delegati dai leader di partito, la responsabile Ambiente, Stella Bianchi; per il Pdl i senatori Antonio D’Alì e Andrea Fluttero; per la Lista Monti, la candidata Ilaria Borletti Buitoni, per il Movimento Cinque Stelle i candidati nazionali Federica Daga, Marta Grande, Claudio Sperandio, Stefano Vignaroli, Andrea Zaccagnini. Il documento alla base del confronto, i resoconti degli incontri raccolti nel “Diario elettorale 2013” e l’analisi “L’ambiente nei programmi e nelle agende” sono disponibili on-line sui siti delle associazioni per chiunque voglia farsi un’idea del grado di sensibilità ambientale dimostrata da partiti, liste, movimenti. E hanno ricavato una Antologia dei temi ambientali nei programmi e negli incontri

E’ questo  il risultato del forcing avviato lo scorso 31 gennaio e conclusosi il 20 febbraio sulla base dei contenuti salienti dell’Agenda ambientalista trattati negli incontri e che sono serviti per valutare i contenuti dei programmi; contenuti che sono qui sintetizzati:

1. l’esigenza di redigere una Roadmap nazionale di Decarbonizzazione e di uso efficiente delle risorse nella produzione dell’energia elettrica, nei trasporti, nell’industria e nei servizi che sostengano  la Green Economy;
2. fissare l’Obiettivo del 100% Rinnovabili procedendo alla chiusura progressiva delle centrali alimentate con combustibili fossili, e rinunciando a ogni piano di trivellazioni petrolifere off shore;
3.  integrare la Strategia nazionale sulla biodiversità (l’Italia è il Paese europeo più ricco di biodiversità) approvata nell’ottobre 2010 con la programmazione nei diversi settori economici;
4. definire un Piano nazionale della mobilità che superi l’insostenibilità economico e ambientale del Primo Programma delle infrastrutture strategiche, abbandonando il progetto del Ponte sullo Stretto e l’AV Torino Lione;
5. elaborare una nuova legge di Governo del territorio, che aggiorni la disciplina urbanistica ferma al 1942  e pervenire ad una normativa sul consumo del suolo che usi la leva fiscale per disincentivare l’espansione edilizia e incentivare la riqualificazione del patrimonio esistente;
6. introdurre tra i principi fondamentali della Costituzione la tutela dell’ambiente e garantire un’adeguate tutela penale dell’ambiente;
7. procedere ad una Programmazione integrata dei beni e delle attività culturali sollecitando la piena collaborazione tra Stato e Regioni;
8. varare un Piano della Qualità per il settore turistico che valorizzi i beni culturali e ambientali;
9. ripristinare i tagli al Bilancio del ministero dell’ambiente, ultimo tra i dicasteri con portafoglio, portando il bilancio dagli attuali 450 milioni di euro (nel 2009 il bilancio del Ministero ammontava a 1,2 miliardi di euro) ad almeno700 milioni di euro.

Gli orsi in Svizzera non sono graditi, un altro triste episodio

20/2/2013 – E’ inammissibile l’abbattimento dell’orso M13 compiuta dalle autorità svizzere del Cantone dei Grigioni, 5 anni dopo l’abbattimento di JJ3 sempre nei Grigioni, che considerano il plantigrado una minaccia per l’uomo.

 

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Dal 2006 già otto orsi hanno fatto la loro apparizione in Svizzera, provenendo dall’Italia e non è ammissibile che simili episodi accadano ancora.

“M13 non era un orso problematico, nei mesi scorsi ha solamente mostrato  un atteggiamento confidente che non giustifica minimamente l’applicazione della norma, prevista dal Piano di azione svizzero, dietro cui si nascondono le autorità elvetiche. Così si rischia di spazzare via in pochi anni gli sforzi di conservazione messi in piedi dall’Unione Europea e dagli enti italiani per mantenere nelle nostre Alpi un gioiello prezioso come l’orso.

 

 

Chiediamo al Governo italiano, che al momento ha la Presidenza della Convenzione delle Alpi,  di inviare una protesta formale al Governo Svizzero e di adoperarsi affinchè si esca dalle logiche dei singoli Stati e ci si impegni a gestire la popolazione alpina di orso come una popolazione che appartiene a  tutti i Paesi che condividono il territorio alpino. Simili decisioni non possono più essere assunte unilateralmente.” Ha dichiarato Massimiliano Rocco responsabile Specie, TRAFFIC e Foreste del WWF Italia.

Numerosi progetti europei tra cui il LIFE+ ARCTOS (www.life-arctos.it ) ancora in corso, hanno dato chiare indicazioni scientifiche sulle azioni da intraprendere per poter convivere con gli orsi e le altre specie presenti nel territorio alpino ma spesso le indicazioni sono disattese dalle autorità che agiscono invece in base a criteri politici e non scientifici, vanificando così gli sforzi di conservazione.

Il WWF ha dedicato all’orso bruno e alle altre  specie di grandi carnivori che vivono  sulle Alpi approfondimenti e il dossier “Abitanti silenziosi delle Alpi” 

Elezioni 2013: dite qualcosa di ambientalista

18/2/2013 – Eco telegramma alla politica in sette punti di un cartello di 13 associazioni nazionali

 

ecotelegramma400Un ECO-telegramma alla politica che in questa campagna elettorale ha sostanzialmente taciuto su temi di enorme importanza per la vita degli italiani e per lo stesso sviluppo economico del Paese: ambiente, territorio, energia e nuova occupazione creata dalla green economy. Su questi temi le associazioni della società civile, così come gli imprenditori legati all’idea di innovazione verde, hanno tentato di chiamare a discutere e a dire la loro tutte le forze politiche, hanno elaborato ‘agende’ e ‘appunti’. Ma di fatto questi temi sono rimasti fuori dal main stream politico: i partiti hanno delegato ai settori di riferimento, si sono pronunciati a mezza bocca sulle richieste delle associazioni, mentre a far discutere sono stati come sempre gli schieramenti, le personalità, le alchimie pre e post elettorali. Oggi un cartello di 14 associazioni e aziende chiede ai partiti e ai candidati premier di “dire qualcosa di ambientalista” e manda un ECO-telegramma con 7 punti a tutte le forze politiche cui domanda un impegno nell’ultima settimana della campagna elettorale.

 

 

A presentare in una conferenza stampa questa sfida alla politica è un gruppo consistente di organizzazioni che operano in ambiti diversi:  assieme a LAST MINUTE MARKET, l’associazione contro lo spreco che ha promosso l’ECO-telegramma, ci sono le associazioni ambientaliste che hanno elaborato nelle scorse settimane l’”Agenda ambientalista per la Ri/Conversione ecologica del Belpaese” (CLUB ALPINO ITALIANO, FONDO AMBENTE ITALIANO, FEDERAZIONE PRO NATURA, GREENPEACE, LEGAMBIENTE, TOURING CLUB e WWF); SLOWFOOD che ha lanciato gli “Appunti per le politiche alimentari”; LIBERA E GRUPPO ABELE di Don Ciotti che hanno raccolto 120 mila firme di cittadini per la petizione contro la corruzione “Riparte il futuro”; associazioni e imprenditori di grande peso nel campo dell’economia sostenibile: APER (che raccoglie centinaia di aziende  e ha elaborato un documento con “26 Azioni per lo sviluppo delle rinnovabili”), ALCE NERO (la cooperativa di agricoltori e apicoltori che rappresenta uno dei più affermati marchi del biologico italiano) e EATALY (una delle eccellenze del made in Italy nel campo dell’alimentazione di qualità).

“Ai candidati premier, ai leader di partito, crisi ambientale si aggrava assieme a quella economica stop Politica si occupa solo di alleanze stop Prossima settimana di campagna elettorale è ultima occasione per dire quello che farete per ambiente e green economy stop  Ed ecco su quali priorità  stop”, scrivono in forma telegrafica gli organizzatori alle segreterie di partito proponendo sette punti di capitale importanza su cui si dovrebbe appuntare l’attenzione nelle ultime battute della campagna elettorale.
  1.  la battaglia contro la corruzione che sottrae enormi risorse materiali e morali al paese,
  2. l’ obiettivo 100%  rinnovabili,
  3. mobilità sostenibile,
  4. conservazione della biodiversità e delle aree protette,
  5. valorizzazione dell’agricoltura biologica e a basso impatto ambientale,
  6. recupero del patrimonio edilizio invece che consumo di suolo,
  7. lotta agli sprechi, oltre all’ampliamento della raccolta differenziata e al riciclo dei rifiuti.

 Si tratta – sottolineano gli organizzatori nel testo dell’eco-telegramma – di “impegni chiari contro lo spreco di ambiente, territorio energia e futuro da prendere già nel primo anno di governo”. Primi interventi che un nuovo esecutivo dovrebbe avviare in fretta, che partono dal patrimonio di idee e proposte che sono state avanzate nelle varie agende elettorali 

 

Il nuovo progetto di trattamento dei rifiuti nell’area di via Morelle a Terracina, chi l’ha visto?

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Nel comunicato stampa del 29 gennaio 2013 il   Sindaco annuncia un protocollo di intesa con la Provincia di Latina per la realizzazione di un progetto da realizzare nel sito di Morelle parlando “genericamente” di un sito da ottimizzare e da utilizzare per migliorare il ciclo della raccolta dei rifiuti.

Partendo dall’esistente, almeno quello che è possibile sapere, l’impianto si chiama così perché era realmente un impianto di trattamento dei rifiuti per produrre compost; la chiusura però, necessaria per adeguamenti normativi di sicurezza, è stata provvidenziale per interrompere la produzione di un compost non più rispondente ai moderni criteri di sostenibilità ambientale.

Si poteva, e il WWF aveva fatto una ricerca in merito, utilizzare di nuovo l’impianto, per produrre compost di qualità,  riattivandolo con delle modifiche tecniche non esageratamente onerose.

Attualmente non possiamo più essere sicuri che questa cosa sia realizzabile visto il tempo che è passato, ma le nostre conoscenze in tema di trattamento dei rifiuti ci fanno pensare che se si ipotizza la costruzione di un impianto la cui progettazione prevede il concorso di un privato e della provincia, sicuramente non si sta parlando di una semplice piattaforma di transito al conferimento.

Sempre nel fumoso comunicato si parla di “recupero energetico” e di “frazione umida”. Le due cose non necessariamente sono legate ma lo potrebbero nel caso di un impianto di produzione energetica alimentato a biomasse. Orbene, le biomasse possono essere sfalci vegetali o addirittura vegetazione prodotta allo scopo, ma non è il nostro caso, che vengono bruciati per produrre energia e naturalmente anche CO2; oppure si parla di biomasse come frazione umida dei rifiuti da cui però non si ricava direttamente energia bensì metano per digestione anaerobica, e il metano solo quando viene bruciato producendo CO2 produce energia; forse non è neanche questo il nostro caso visto che il nostro Comune ha approvato il piano d’azione di Agenda 21 Locale secondo cui le emissioni di gas, causa dei cambiamenti climatici, sono banditi.

detail-inceneritoreE poi dov’è la frazione umida se siamo a livelli vergognosamente bassi di raccolta differenziata?  Da dove e come pensano di ricavare energia? L’espressione “recupero d’energia” ci preoccupa alquanto soprattutto alla luce della Direttiva europea sui rifiuti (2008/98 CE, recepita in Italia con il D.Lgs205/2010) dove l’elemento fondante è la prevenzione della produzione dei rifiuti, e dove nella scala di priorità, oltre alla prevenzione intesa come la non produzione di rifiuti, c’è il riuso, il riciclaggio, il recupero di materia e infine lo smaltimento. Nel comunicato stampa invece si accenna alla RD come opportunità per generare “un certo recupero d’energia”.

Si osserva che la direttiva europea indica la priorità nel recupero di materia e non di energia. Esclusa quindi la discarica, gli altri sistemi come inceneritori, centrali a biomasse/biogas e gli impianti di biodigestione anaerobica alimentate con la forsu non sono praticabili perché insostenibili, inutili e dannosi per l’ambiente e la salute e vengono costantemente proposti su tutto il territorio nazionale solo per godere di generosi incentivi economici. I rifiuti vanno ridotti e non possono essere considerati fonte rinnovabile, e nemmeno classificati furbescamente come materie “assimilate”. E non è nemmeno ipotizzabile un impianto misto con produzione di compost e altri trattamenti su altre frazioni finalizzati alla produzione di energia.

In conclusione, quindi, vorremmo che l’amministrazione, che ha stretto con la Provincia un protocollo d’intesa e che dovrebbe avere in materia idee abbastanza chiare, esplicitasse le proprie intenzioni evitando di delegare alla Provincia anche la scelta della tipologia di impianto da realizzare, comportamento che ci appare gravemente lesivo del diritto all’informazione e all’autodeterminazione dei cittadini. Richiesta quindi di trasparenza e  condivisione con i cittadini, nelle diverse articolazioni di associazioni e comitati, che non possono essere tenuti all’oscuro su interventi progettuali importanti che riguardano il futuro del proprio territorio legato inscindibilmente al futuro della salute e dell’economia. 

“RIPRENDIAMOCI IL TRENO”, oggi in molte città italiane si manifesta per il rilancio di questo mezzo sostenibile di trasporto; a Terracina abbiamo qualche motivo in più da far valere.

“RIPRENDIAMOCI IL TRENO”, IL 16 FEBBRAIO IN TUTTE LE STAZIONI

 Stiamo perdendo un patrimonio di infrastrutture che era stato edificato in oltre un secolo e che aveva contribuito ad unire l’Italia, anche perché gran parte delle risorse è destinata alla TAV. Per questo oggi, 16 febbraio 2013, ci sarà una giornata di mobilitazione in tutte le stazioni d’Italia, per rilanciare le ferrovie (bene comune) su standard europei.

 

 

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Il WWF litorale pontino anche se in modo virtuale partecipa alla manifestazione riproponendo lo striscione esposto tempo fa presso la stazione di Terracina.

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Admiror, paries, te non cecidisse ruina, qui tot scriptorum taedia sustineas

Mi meraviglio, o muro, che tu non sia crollato in rovina, tu che sostieni tanti slogan elettorali. (traduzione di Luca Canali)

Questo graffito si trova all’interno degli scavi di Pompei nella Basilica e ripetuto integralmente nel Teatro grande e parzialmente nell’Anfiteatro.

Quindi la storia è vecchia, ci sono sempre stati abusivi nella propaganda elettorale e anche chi ha denunciato questo abuso.

Le campagne elettorali in Italia si susseguono con grande ritmo e sono state disciplinate da numerose leggi:

– Legge 25 marzo 1993, n. 81 (elezione diretta del Sindaco e del Consiglio Comunale);
– Legge 4 aprile 1956, n. 212 (norme per la disciplina della propaganda elettorale);
– Legge 10 dicembre 1993, n. 515, artt. 1,6,17,18,19 e 20 (disciplina delle campagne
elettorali per le elezioni politiche);
– Legge 22 febbraio 2000 n. 28 (disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di
informazione durante le campagne elettorali e per la comunicazione politica).

Nonostante siano passati più di duemila anni e siano state emanate norme precise che nel permettere l’esercizio della comunicazione democratica salvaguardano il decoro delle città, si assiste ancora alla diffusione di propaganda elettorale piratesca.

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A Terracina molti cittadini sulla rete e su youtube stanno reagendo negativamente a questa pratica di ricoprire qualunque spazio, dai cassonetti ai muri, dalle recinzioni di cantieri alla segnaletica delle fermate dei bus,……

Le affissioni abusive sono sanzionate con l’applicazione di sanzioni amministrative e le spese per la rimozione sostenute dal comune per defiggere la propaganda abusiva sono a carico, in solido, dell’esecutore materiale e del committente responsabile.

La suprema Corte di cassazione, però, ha specificato (Sezioni civili: I Sezione, 20 luglio 2001, n. 9935) che il committente, se risponde sempre dei contenuti della propaganda, non è automaticamente responsabile per l’affissione dei manifesti, salvo che non sia provato un rapporto diretto d’incarico dato da lui agli attacchini per l’affissione vietata.

 

IMG_0401Quindi, certamente le autorità devono vigilare anche se sarà molto difficile cogliere sul fatto gli esecutori materiali di queste infrazioni.

Oltre tutto esse potrebbero anche utilizzare le norme  contenute nel D.Lgs. n. 507 del 1993 che tutelano, oltre all’interesse finanziario del Comune, anche l’ambiente, il decoro urbano, l’igiene, ….. e disciplinano il normale sistema di affissioni pubblicitarie, sia sotto il profilo fiscale (e dei diritti da percepire) sia sotto quello amministrativo.

I cittadini, in questi casi non volendo limitarsi a utilizzare il contro slogan del graffito pompeiano possono vigilare e denunciare abusi e, comunque, non votare i partiti e i candidati imbrattatori della propria città, che almeno in questa fase non mostrano un gran rispetto della legge.

Il presidente onorario del WWF Italia, Fulco Pratesi, sul folle uso dello smaltimento nella gestione dei rifiuti

di Fulco Pratesi, presidente onorario WWF Italia 

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Non raccoglierò l’invito rivoltomi a visitare la discarica di Peccioli, per il semplice motivo che non servirebbe a farmi cambiare opinione sulla necessità di superare il sistema attuale di gestione dell’intero ciclo dei rifiuti. La mia contrarietà (e quella dell’associazione che rappresento), al perpetrarsi della logica dello smaltimento, travalica le modalità di gestione dei singoli impianti e il danno immediato che da questi deriva.

Sono molto più profondi di ciò che generalmente si pensa i danni provocati all’ambiente, e dunque alla fonte stessa del nostro sostentamento e del nostro benessere, dalla produzione di rifiuti così come la conosciamo da ormai mezzo secolo. La proliferazione d’impianti di smaltimento, o il mantenimento dell’assetto attuale, non fanno altro che nascondere un’emergenza  meno evidente, ma non per questo meno pericolosa del cosiddetto “effetto Napoli”. Nascondono  il danno provocato dal consumo sconsiderato di risorse naturali e alimentano la convinzione, di cittadini e amministratori pubblici, che non si debba o non si possa fare alcunché per modificare lo stato delle cose.

E non favoriscono un percorso  virtuoso di riduzione dei contenitori, degli imballaggi  e degli scarti a monte, e di raccolta differenziata, riciclaggio e compostaggio a valle, che riducano al minimo la necessità di scaricare sul territorio i prodotti dei nostri eccessivi consumi.

Vi è poi un ulteriore danno, a livello della comunità locale che ospita la discarica di Peccioli, che non viene adeguatamente sottolineato. Fondare sostanzialmente l’economia di un territorio su un impianto destinato a esaurire la propria funzione in tempi certi e puntare l’intera posta sulla scommessa che tale funzione possa invece essere estesa (per l’ennesima volta) è una forma di azzardo alla quale non vorremmo mai assistere. Anche perché, molti lo dimenticano, i costi latenti e differiti nel tempo, specifici di una discarica, si evidenziano proprio nel momento in cui viene meno la sua redditività.Di questo sono convinto, così come sono convinti i tanti attivisti del WWF che su base volontaria dedicano parte del proprio tempo alla difesa di un patrimonio collettivo. Non si tratta di poesia, benché la poesia abbia di per sé un valore non trascurabile. Si tratta di semplice lungimiranza.

Immagini di discariche