IL MONDO AGRICOLO IN RIVOLTA E LE ISTITUZIONI COME RISPONDONO?

Da giorni il Paese è alle prese con la protesta del mondo agricolo, c’è grande confusione, soprattutto nel mondo politico, nel capire il vero problema tanto da scaricare le responsabilità sull’Europa, senza porsi il dubbio che probabilmente alcune cause del problema sono interne al nostro sistema produttivo.

Sono davvero le politiche Europee sull’ambiente a mettere in crisi alcuni comparti del settore agricolo italiano?

Sono per caso le mancate attuazioni di programma degli stati membri a non mettere in pratica in modo adeguato i programmi richiesti?

Sarà il Regolamento UE sui pesticidi a creare problemi all’agricoltura italiana?

Certo, i problemi non sono nati oggi, sono anche abbastanza datati, ma in questo periodo le crisi dei popoli, le guerre, hanno accentuato le molte fragilità del comparto agricolo mettendolo a dura prova, per questo le risposte della politica devono essere forti ed esaustive.

Tra le tante criticità venute fuori c’è ad esempio il non aver indirizzato una politica agricola che servisse in primis alle esigenze interne del Paese ricorrendo ad una politica di mercato, sicuramente molto soddisfacente per i grossi imprenditori agricoli, lasciando indietro quelle piccole e medie realtà che invece erano e sono il fulcro di un’agricoltura semplice, ordinata, che metteva e mette in atto pratiche colturali adatte al territorio, rispettando le stagionalità, rispettando il territorio, ma soprattutto i consumi.

Purtroppo l’agricoltura viene vista sempre come un settore da sussidiare e non come fonte trainante della nostra economia, tant’è che non è quasi mai al centro di una politica di settore programmatica, si è dato più risalto alla trasformazione che alla produzione primaria.

Le scelte e l’indirizzo dell’agricoltura italiana sono state lasciate in mano alle industrie come quelle semenziere, quelle della trasformazione, della grande distribuzione e della commercializzazione che hanno deciso cosa seminare, su quali prodotti puntare, sconvolgendo in questo modo anche quei prodotti caratteristici che erano parte del nostro patrimonio produttivo; sono nati quindi una serie di problemi in diversi comparti agricoli, molte produzioni sono state oggetto di  eccedenze provocando così, un crollo di prezzo alla produzione. Altri settori agricoli  molto spinti per una produzione per i mercati Europei che Extra Europei, sono tuttora in mano a poche persone ben organizzate. (L’export dell’agroalimentare italiano 2022 ha toccato 50 miliardi dati CREA).

Una protesta poco ascoltata dalla politica attuale che ha semplificato e imputato il problema al Green Deal senza sapere invece che se attuata potrebbe essere una risorsa o meglio un’opportunità che vedrebbe accrescere il loro profitto, vista l’attenzione alla sostenibilità. I consumatori sono cambiati e si rivolgono sempre più verso prodotti ottenuti con metodi sostenibili, rispettosi della natura nella sua meravigliosa complessità e della salute umana.

Riporto una attenta analisi fatta dal dott. Fantini in questi giorni, sicuramente non molto amico delle associazioni ambientaliste, ma un attento ed autorevole esperto di agricoltura e zootecnia del nostro Paese che dice:

 “Chiedere di annullare il Green Deal non fa bene all’immagine dell’agricoltura. Dà invece un ulteriore aiuto alle multinazionali del cibo che hanno tutto l’interesse a delegittimare la produzione primaria a vantaggio del cibo ultra-processato, che è bene chiarire per evitare ulteriori confusioni non è né la farina d’insetti e neppure la carne coltivata”.

Non va contestato il Green Deal Europeo ma come è stato gestito a livello EU e a livello nazionale perché è un’opportunità sia per i cittadini e sia per gli agricoltori”.

I veri problemi del comparto agricolo sono:

• Costi di produzione troppo elevati 

• Crisi del prezzo al produttore

• Prezzi elevati al consumo con crisi di mercato  

•  Costi troppo elevati per carburanti, energia, consorzi di bonifica ecc

• Rappresentanza sindacale debole con il comparto agricolo ma molto consociativa (condivisione del potere).

Ecco alcuni esempi

1 ql   di grano al produttore viene pagato 25 € =  1 kg di pane al consumo minimo 2,50 €  

1 lt   di latte al produttore viene pagato 50 centesimi =  1 lt di latte minimo 2.00 €

1 kg di zucchine viene pagato 1.00 € = 1 kg al consumo 5.00 €

Di esempi se ne possono fare tanti, ma vediamo meglio dove si trova la vera criticità all’interno di una filiera produttiva:

Produttore                                Corpo intermedio                                    Consumatore

1 € zucchina —————————???? ————————————— 5.00 €

All’interno del cosiddetto corpo intermedio troviamo tutti i rappresentanti della intermediazione che sono i grossisti, piazzisti, rivenditori, gruppi d’acquisto, trasportatori ecc. ed è proprio in questa sequenza di passaggi che il prodotto agricolo viene rivenduto più volte fino ad arrivare al consumatore quale ultimo anello della filiera a subire un prezzo non reale e molto elevato rispetto al costo di partenza.

La differenza tra il prezzo alla produzione ed il prezzo al consumo è veramente notevole, ed è qui che bisogna intervenire.

L’agricoltura purtroppo è stata esposta a speculazioni finanziare, rincorsa ai prezzi e profitti economici.

E cosa rispondono gli attuali responsabili politici?

Si pensa ad un’agricoltura di “Marchi” e alle “Eccellenze”, come se questo fosse la panacea

Si pensa al Made in Italy? Siamo uno dei paesi più grandi esportatori di pasta, ma non siamo autosufficienti per la produzione del grano, e allora? Non lo saremmo neanche se lo piantassimo in tutte le zone in cui è possibile produrlo, e allora il Made in Italy qual’è?

Si definiscono “Ecologisti” perché difendono il mondo agricolo, abolendo il regolamento sui pesticidi e mettendo in discussione Green Deal e invece rappresentano l’esatto contrario, tanto per essere precisi cito la definizione Treccani sull’ecologia

Studio delle interrelazioni che intercorrono fra gli organismi e l’ambiente che li ospita. Si occupa di tre livelli di gerarchia biologica: individui, popolazioni e comunità”.

Dott.ssa Patrizia Parisella per OA WWF Litorale Laziale

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