Breve storia triste del verde di Terracina

Ogni procedimento autorizzativo, ogni atto amministrativo che avvenga in buona o cattiva fede in contrasto con la normativa vigente in materia, con le leggi dello Stato, Regione o di Enti sovranazionali, si traducono inevitabilmente in un danno per il patrimonio di una comunità, dell’ambiente e della dignità e del futuro dei cittadini, specie i più fragili.

La realizzazione di alcuni progetti di rigenerazione urbana, il parcheggio in Piazza dei Cavalieri di Vittorio Veneto e quello interno con ingresso da via Lungolinea Pio VI, e le autorizzazioni ad alcuni interventi in proprietà private, ci fanno temere purtroppo sul reale interesse che la nostra città ha per il verde come patrimonio in sé, un patrimonio che rappresenta una delle ultime speranze per quelle strategie vitali per la sopravvivenza della vita sul nostro Pianeta.

Tutti quelli che si interessano di cambiamenti climatici e della conseguente crisi climatica insistono su due azioni fondamentali: la mitigazione degli effetti e l’adattamento ai cambiamenti. In tutti e due i casi l’implementazione del verde, in termini di biomassa e di azione meccanica sul suolo, rappresenta un punto focale.

Nel nostro comune invece, con tutte le fiacche autorizzazioni da parte degli organi preposti, vengono abbattute decine di piante e, quando questo avviene, vengono sostituite con essenze alloctone; ne è un fulgido esempio la sostituzione dei pini di viale della Vittoria con piante di Canfora, spontanee in Asia. Il Comune ha, di conseguenza, autorizzato anche in una villa adiacente la sostituzione di molti lecci, in ottimo stato di salute, con queste piante.

Ora ci troviamo di fronte una proprietà inizialmente privata, villa Adrower, che è tornata privata dopo un passaggio alla proprietà comunale e quindi di proprietà della comunità di Terracina. Un’area sì ricca di Pini ma anche Ulivi, specie di cui è vietato l’abbattimento con una legge del 1951, e addirittura se ne vieta l’espianto, con legge regionale, se l’ulivo è monumentale.

Purtroppo alla luce dell’assenza di un piano e regolamento comunale del verde pubblico e privato e di una scarsa conoscenza di quanto la comunità scientifica, in supporto alla azione legislativa, faccia per tutelare il patrimonio del verde, si assiste all’effetto devastante che è sotto gli occhi di tutti.

Ciò conferma una carente sensibilità ambientale che porta persino ad ignorare le Direttive Europee relative al divieto di potare alberi, arbusti e siepi durante il periodo di nidificazione degli uccelli. Direttive finalizzate alla protezione dell’avifauna e della biodiversità in genere.

Occorre, quindi, essere consapevoli di cosa succede intorno a noi, di cosa priviamo i nostri figli e nipoti e del fatto che i responsabili non trovano nessun impedimento da parte di chi dovrebbe guidarli a scelte al passo con i tempi.

IL MONDO AGRICOLO IN RIVOLTA E LE ISTITUZIONI COME RISPONDONO?

Da giorni il Paese è alle prese con la protesta del mondo agricolo, c’è grande confusione, soprattutto nel mondo politico, nel capire il vero problema tanto da scaricare le responsabilità sull’Europa, senza porsi il dubbio che probabilmente alcune cause del problema sono interne al nostro sistema produttivo.

Sono davvero le politiche Europee sull’ambiente a mettere in crisi alcuni comparti del settore agricolo italiano?

Sono per caso le mancate attuazioni di programma degli stati membri a non mettere in pratica in modo adeguato i programmi richiesti?

Sarà il Regolamento UE sui pesticidi a creare problemi all’agricoltura italiana?

Certo, i problemi non sono nati oggi, sono anche abbastanza datati, ma in questo periodo le crisi dei popoli, le guerre, hanno accentuato le molte fragilità del comparto agricolo mettendolo a dura prova, per questo le risposte della politica devono essere forti ed esaustive.

Tra le tante criticità venute fuori c’è ad esempio il non aver indirizzato una politica agricola che servisse in primis alle esigenze interne del Paese ricorrendo ad una politica di mercato, sicuramente molto soddisfacente per i grossi imprenditori agricoli, lasciando indietro quelle piccole e medie realtà che invece erano e sono il fulcro di un’agricoltura semplice, ordinata, che metteva e mette in atto pratiche colturali adatte al territorio, rispettando le stagionalità, rispettando il territorio, ma soprattutto i consumi.

Purtroppo l’agricoltura viene vista sempre come un settore da sussidiare e non come fonte trainante della nostra economia, tant’è che non è quasi mai al centro di una politica di settore programmatica, si è dato più risalto alla trasformazione che alla produzione primaria.

Le scelte e l’indirizzo dell’agricoltura italiana sono state lasciate in mano alle industrie come quelle semenziere, quelle della trasformazione, della grande distribuzione e della commercializzazione che hanno deciso cosa seminare, su quali prodotti puntare, sconvolgendo in questo modo anche quei prodotti caratteristici che erano parte del nostro patrimonio produttivo; sono nati quindi una serie di problemi in diversi comparti agricoli, molte produzioni sono state oggetto di  eccedenze provocando così, un crollo di prezzo alla produzione. Altri settori agricoli  molto spinti per una produzione per i mercati Europei che Extra Europei, sono tuttora in mano a poche persone ben organizzate. (L’export dell’agroalimentare italiano 2022 ha toccato 50 miliardi dati CREA).

Una protesta poco ascoltata dalla politica attuale che ha semplificato e imputato il problema al Green Deal senza sapere invece che se attuata potrebbe essere una risorsa o meglio un’opportunità che vedrebbe accrescere il loro profitto, vista l’attenzione alla sostenibilità. I consumatori sono cambiati e si rivolgono sempre più verso prodotti ottenuti con metodi sostenibili, rispettosi della natura nella sua meravigliosa complessità e della salute umana.

Riporto una attenta analisi fatta dal dott. Fantini in questi giorni, sicuramente non molto amico delle associazioni ambientaliste, ma un attento ed autorevole esperto di agricoltura e zootecnia del nostro Paese che dice:

 “Chiedere di annullare il Green Deal non fa bene all’immagine dell’agricoltura. Dà invece un ulteriore aiuto alle multinazionali del cibo che hanno tutto l’interesse a delegittimare la produzione primaria a vantaggio del cibo ultra-processato, che è bene chiarire per evitare ulteriori confusioni non è né la farina d’insetti e neppure la carne coltivata”.

Non va contestato il Green Deal Europeo ma come è stato gestito a livello EU e a livello nazionale perché è un’opportunità sia per i cittadini e sia per gli agricoltori”.

I veri problemi del comparto agricolo sono:

• Costi di produzione troppo elevati 

• Crisi del prezzo al produttore

• Prezzi elevati al consumo con crisi di mercato  

•  Costi troppo elevati per carburanti, energia, consorzi di bonifica ecc

• Rappresentanza sindacale debole con il comparto agricolo ma molto consociativa (condivisione del potere).

Ecco alcuni esempi

1 ql   di grano al produttore viene pagato 25 € =  1 kg di pane al consumo minimo 2,50 €  

1 lt   di latte al produttore viene pagato 50 centesimi =  1 lt di latte minimo 2.00 €

1 kg di zucchine viene pagato 1.00 € = 1 kg al consumo 5.00 €

Di esempi se ne possono fare tanti, ma vediamo meglio dove si trova la vera criticità all’interno di una filiera produttiva:

Produttore                                Corpo intermedio                                    Consumatore

1 € zucchina —————————???? ————————————— 5.00 €

All’interno del cosiddetto corpo intermedio troviamo tutti i rappresentanti della intermediazione che sono i grossisti, piazzisti, rivenditori, gruppi d’acquisto, trasportatori ecc. ed è proprio in questa sequenza di passaggi che il prodotto agricolo viene rivenduto più volte fino ad arrivare al consumatore quale ultimo anello della filiera a subire un prezzo non reale e molto elevato rispetto al costo di partenza.

La differenza tra il prezzo alla produzione ed il prezzo al consumo è veramente notevole, ed è qui che bisogna intervenire.

L’agricoltura purtroppo è stata esposta a speculazioni finanziare, rincorsa ai prezzi e profitti economici.

E cosa rispondono gli attuali responsabili politici?

Si pensa ad un’agricoltura di “Marchi” e alle “Eccellenze”, come se questo fosse la panacea

Si pensa al Made in Italy? Siamo uno dei paesi più grandi esportatori di pasta, ma non siamo autosufficienti per la produzione del grano, e allora? Non lo saremmo neanche se lo piantassimo in tutte le zone in cui è possibile produrlo, e allora il Made in Italy qual’è?

Si definiscono “Ecologisti” perché difendono il mondo agricolo, abolendo il regolamento sui pesticidi e mettendo in discussione Green Deal e invece rappresentano l’esatto contrario, tanto per essere precisi cito la definizione Treccani sull’ecologia

Studio delle interrelazioni che intercorrono fra gli organismi e l’ambiente che li ospita. Si occupa di tre livelli di gerarchia biologica: individui, popolazioni e comunità”.

Dott.ssa Patrizia Parisella per OA WWF Litorale Laziale

Sollecitato il Comune per i lavori di manutenzione del Parco della Rimembranza

Proprio oggi è stata inviata al Comune di Terracina una pec per sollecitare gli urgenti lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria di cui il Parco ha bisogno da diverso tempo.

Questo l’estratto della comunicazione inviata.

“Non avendo ancora avuto riscontro, da parte dell’Amm.ne comunale, ai continui solleciti relativi all’oggetto, si reitera la richiesta e si fa  presente che il Parco della Rimembranza è ubicato su un’area fortemente in declivio e posta alla base, a Nord-Est del sovrastante ed imponente muraglione in “opera poligonale” dell’antica acropoli, a Nord dell’antico convento di San Francesco ed a Sud-Ovest della grande e non meno imponente parete in “opera quadrata”, in parte bugnata, del cosiddetto tempio di Minerva.

Nonostante l’abnegazione dei volontari che, giornalmente e fino alla chiusura del Parco per motivi di sicurezza, si sono prodigati per la salvaguardia degli aspetti ambientali del complesso monumentale, provvedendo ad effettuare tutti i piccoli interventi manutentivi atti a garantire le ordinarie condizioni di fruibilità, occorre far presente che da alcuni anni l’Amm.ne comunale non ha più dato seguito agli obblighi di cui all’art. 4 della convenzione che pone a carico del Comune “tutti gli interventi manutentivi ordinari e straordinari, messa in sicurezza del sito e quant’altro ritenuto necessario per assicurare la pubblica incolumità”.

A cominciare dall’antico e monumentale ingresso che, privo di interventi manutentivi da parte del Comune negli ultimi anni, ha comportato l’ammaloramento di tutte le facciate della scalinata con sfaldamento dell’intonaco e rovina dell’effetto decorativo delle pareti in finto travertino.

Tutte le strutture lignee di contenimento del terrapieno e delle scarpate lungo i sentieri sono ormai fatiscenti o crollate, con evidente scivolamento del terreno a valle e sui percorsi.

Le staccionate ed i pergolati in legno lungo i sentieri adiacenti le scarpate sono per la maggior parte divelte a causa della fatiscenza delle strutture lignee dovuta alla mancata manutenzione ordinaria e/o straordinaria da parte del Comune, con evidente pericolo per i visitatori.

Parte dei sentieri scalettati sono ormai ammalorati a tal punto che, al fine di evitare pericoli di cadute, sia per i gradini malconci che per i corrimani divelti o fatiscenti, il WWF, già prima della interdizione Commissariale al Parco, era stato costretto ad interdirli ai visitatori ed ai volontari stessi.

Le pietre dei muri a secco, che fanno da contenimento al terrapieno lungo i sentieri, sono, in alcuni tratti, in parte allentate ed in parte sfilate e franate sui percorsi dei visitatori.

Più volte abbiamo ritenuto necessario far effettuare un sopralluogo al bastione di contenimento dell’acropoli, posto sul lato Est del confine col parco, da parte di un tecnico strutturista e della Soprintendenza Archeologica, in quanto tale parete in pietra poligonale presentava delle fessurazioni che denotavano una evidente traslazione orizzontale e “spanciamento” del muro stesso (come poi dimostrato con perizia tecnica di professionista abilitato inviata dal WWF a Codesta Amm.ne)

La criticità dello stesso, come di altre strutture del parco, è stata più volte fatta presente con precedenti nostre note.

Inoltre, nel parco esiste una piccola costruzione adibita a WC pubblico per i visitatori ma è chiusa da alcuni anni in quanto, nonostante continui solleciti del WWF, non sono mai stati effettuati i necessari lavori di manutenzione straordinaria da parte del Comune.

Le aree alberate versano in uno stato di abbandono in quanto il parco, negli ultimi anni, non è stato adeguatamente curato dal punto di vista vegetazionale da parte del Comune.

Ciò nonostante, il gruppo di lavoro del WWF locale (prima della interdizione Commissariale all’ingresso per motivi di sicurezza) ha effettuato e continuava ad effettuare la manutenzione minuta del parco, come, ad esempio, la costruzione e messa in opera della cartellonistica lungo i viali, il ripristino (anche se di competenza del Comune) di alcune delle staccionate lignee ormai fatiscenti, il ripristino e/o ricostruzione dei cestelli della raccolta rifiuti in legno ed ormai marcescenti, il ripristino di tutte le panchine in legno che, nel tempo, sono state rovinate dalle intemperie, la cura di alcune di quelle specie botaniche del parco che hanno rischiato e rischiano di morire a causa della carente manutenzione della ditta del verde, la costruzione delle panche e dei tavoli rustici del belvedere e relativo pergolato ed altre operazioni giornaliere tipo l’innaffiatura (compito della ditta del verde e cioè del Comune) di tutte quelle piante che, a causa dei periodi di siccità degli ultimi tempi, stanno morendo e/o deperendo con grande rischio per il terrapieno che, privato della presenza dell’apparato radicale delle piante, sta scivolando a valle.

Mancando una cura assidua delle essenze vegetali, in special modo delle piante di alto fusto, il terreno sta diventando sempre più friabile con evidente pericolo di frana a valle, come evidenziato dalla perizia tecnica ed anche a causa della mancata irrigazione nel periodo estivo”

UNA MOZIONE INSPIEGABILE(?) IN CONSIGLIO COMUNALE PER ANNULLARE UN ECCELLENTE PUA ADOTTATO DAL COMMISSARIO STRAORDINARIO

Nell’ultimo Consiglio Comunale abbiamo tutti assistito, con un certo disorientamento, all’ approvazione di una mozione che chiede l’annullamento o la revoca del PUA adottato dalla precedente Amm.ne Commissariale.

 Con questa approvazione, il Consiglio Comunale, va contro ogni logica di protezione dell’ecosistema marino-costiero, finalizzata alla balneazione libera ed accessibile.

Infatti, la logica delle continue proroghe delle concessioni balneari ha lasciato intendere che la privatizzazione delle aree demaniali sia, di fatto, diventata un diritto dei pochi a discapito della collettività.

Sembra questo il ragionamento seguito dall’attuale Amm.ne Comunale, nel momento stesso in cui rinnega un Piano fatto redigere da una compagine super partes nonché garante della legittimità degli atti, come lo è stato il Commissario Straordinario.

Con questa mozione firmata dai consiglieri della maggioranza e dai partiti di minoranza PD e Lista Di Tommaso, viene chiesto l’annullamento o revoca del PUAC adottato con Deliberazione Commissariale assunta con i poteri del Consiglio Comunale n. 34 del 13.12.2022.

Si rimane perplessi nel leggere le motivazioni addotte per chiedere l’annullamento del Piano adottato.

Tra le motivazioni colpiscono alcune che recitano nelle premesse:

  1. ”…sussistono sia vizi di legittimità, collegati all’esistenza di un interesse pubblico all’annullamento…”, “…sia vizi di merito che consigliano di revocare…”
  2. “…che il ripristino della legittimità della azione amministrativa, nella specie eliminare le plurime contraddittorietà che attanagliano i documenti e gli elaborati progettuali costituenti il PUAC adottato in via preliminare, e che complessivamente considerate rendono lo stesso inaffidabile, costituisce una ragione di pubblico interesse idonea a sorreggere l’adozione da parte dell’Amministrazione di un provvedimento di autotutela di secondo grado”.

Chiamare aberrante, se non assurda, simile mozione presentata in Consiglio Comunale non sembra singolare, in quanto il PUAC adottato, di cui sopra, è verosimilmente un copia e incolla delle prescrizioni del Piano di Utilizzazione degli Arenili Regionale applicate, in tutto e per tutto, al territorio del Comune di Terracina. Ed è aberrante proprio alla luce del fatto che la redazione del PUA regionale partiva dal concetto che la priorità, in questo momento della storia, sia rispettare e ripristinare l’equilibrio ambientale o quantomeno affrontare le conseguenze della crisi climatica

Il Piano, adottato dal Commissario Straordinario, garante del rispetto della legittimità degli atti comunali, risponde in modo puntuale a quanto stabilito dalla Legge Regionale n. 8 del 26.06.2015, dal Regolamento Regionale n. 19 del 12.08.2016 e, soprattutto, a quanto prescritto dal Piano Regionale di Utilizzazione degli Arenili (PUAR), approvato con Deliberazione di Consiglio Regionale n. 9 del 26.05.2021.

Il WWF Litorale Laziale Gruppo attivo Litorale Pontino, infatti, accolse con soddisfazione l’invito dell’Amm.ne Comunale relativo alla preventiva presentazione ed illustrazione degli elaborati della proposta di adozione del nuovo PUAC.

L’assemblea si svolse il 23.11.2022, alla presenza di tutti i rappresentanti di Associazioni Locali di categoria, Associazioni sportive, Ordini professionali, Concessionari e Gestori degli stabilimenti balneari privati e pubblici, Enti interessati. Invito rivolto anche a piccoli imprenditori ed a tutti i cittadini ed a tutti gli iscritti alle Associazioni.

Un pubblico evento indetto per coinvolgere la cittadinanza tutta e le associazioni di categoria, finalizzato ad acquisire spunti di riflessione e contributi migliorativi, preventivamente alla adozione del PUA stesso.

Finalmente l’Amm.ne Comunale aveva messo mano alla revisione del PUA Comunale. Revisione finalizzata all’aggiornamento ed adeguamento del vecchio Piano approvato nel 2003, ormai obsoleto e non in linea con la nuova normativa regionale, in special modo con la “Strategia Regionale per lo sviluppo sostenibile”.

La revisione o nuovo Piano, alla presenza del Commissario Straordinario, fu presentata come aggiornamento ed adeguamento alla nuova disciplina di Settore ed ai fini di un utilizzo programmato e razionale delle aree del Demanio marittimo ricadenti nel territorio del Comune di Terracina.

Rimanemmo compiaciuti della illustrazione in quanto, finalmente, stavamo assistendo alla presentazione di un Piano che inseriva, tra i suoi obiettivi primari di pianificazione e programmazione, gli strumenti urbanistico-territoriali relazionati al regime vincolistico attuale, oltre che gli obiettivi di pianificazione dello Sviluppo Sostenibile del territorio Comunale.

Il nuovo PUA adottato dal Commissario, infatti, entra correttamente nel merito della correlazione dell’arenile e fascia marina con la fascia costiera, facendosi promotore di un modello di sostenibilità e di recupero di un equilibrio tra le aree del territorio marino-costiero, promuovendo una ricerca della qualità ambientale e paesaggistica che è in grado di rinnovare la caratteristica del sistema dei servizi di balneazione, sia turistici che ricreativi, il tutto finalizzato alla salvaguardia dell’ecosistema demaniale costiero, oltre che a garanzia di una corretta fruizione ed utilizzo dell’arenile.

Nel PUA presentato, inoltre, si è tenuto fermo quanto chiarito con la circolare Regionale sul riconoscimento della valenza principale della fruibilità dell’arenile come attività di balneazione che è da intendersi come vocazione naturale, considerando, nel contempo, l’attività di ristorazione come accessoria.

Interessante la previsione per le nuove concessioni. Il PUA prevede delle strutture molto semplici e rimovibili che non arrechino disturbo visivo al paesaggio e che risultino sostenibili.

Viene garantita la libera visione del mare per non meno del 50% della linea di costa, oltre che l’accesso libero all’arenile anche utilizzando strade private adiacenti la costa ed a distanze non superiori a 300 ml.

Per ogni concessione, inoltre,” è fatto obbligo di consentire libero e gratuito accesso e transito per il raggiungimento della battigia per l’intero arco dell’anno; il corridoio di accesso deve essere adeguato alla eliminazione delle barriere architettoniche come da normativa in vigore”.

Il tutto faceva presagire che, una volta adottato, il Piano sarebbe stato approvato nei tempi canonici previsti per la pubblicazione, con l’eventuale accoglienza o meno delle osservazioni migliorative o aggiuntive presentate come osservazioni portatrici di interessi collettivi coerenti con gli obiettivi del documento preliminare adottato e tendenti a proporre ipotesi di miglioramento del Piano.

Invece, Questa Associazione, nell’ascoltare la mozione di annullamento o revoca dell’ultimo Consiglio Comunale, è rimasta perplessa.

La mozione fa riferimento anche alla possibilità di revoca per sopravvenuti motivi di pubblico interesse o per mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento della adozione del Piano o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario

Ci chiediamo quali siano i sopravvenuti motivi di pubblico interesse che obbligano il Comune ad eludere l’applicazione pedissequa delle normative Regionali finalizzate alla salvaguardia dell’ambiente della fascia costiera e quale è il mutamento “imprevedibile” della situazione di fatto della fascia costiera, avvenuto dopo il 13.12.2022, data di adozione del PUAC .

La mozione fa, inoltre, riferimento anche alla necessità di provvedere all’annullamento del PUAC adottato, perchè “sussiste nell’interesse pubblico ad un utilizzo razionale e parsimonioso delle risorse economiche, evitando sperperi del denaro pubblico”.

Pensiamo che, se ci sarà uno sperpero di denaro pubblico, questo avverrà nel momento stesso in cui viene annullato il PUA adottato. Infatti, si dovrà procedere con immediatezza ad incaricare di nuovo dei professionisti per la rielaborazione di un nuovo Piano, gettando alle ortiche il preesistente, già adottato.

Ci chiediamo: se si vuole intervenire su un Piano adottato, seguendo le idee dei portatori di interesse, perché non seguire l’iter canonico della pubblicazione del Piano adottato ed attendere le osservazioni “migliorative”, che dir si voglia, di tutte le associazioni di Categoria e/o portatori di interesse collettivo per poi discuterne in Consiglio Comunale e quindi accogliere quelle che verranno proposte nell’interesse pubblico e della città, invece che annullare e ricominciare d’accapo? Si ha la netta sensazione che si voglia proteggere l’interesse particolare dei concessionari ma non si è tenuto conto che, allo stato attuale, la loro posizione diventerà illegittima dal 1° gennaio 2024 a causa della mancata approvazione del PUAC entro dicembre 2023 (cosa alquanto difficile se l’Amm.ne procederà all’annullamento del PUA adottato ed ad una rielaborazione per il nuovo da adottare ed approvare nei restanti mesi di novembre e dicembre 2023).

URBAN NATURE 2023

 Il 7 e l’8 ottobre, torna l’evento nazionale “Urban Nature: la festa della natura in città”, un’iniziativa del WWF , con appuntamenti in tutta Italia, per diffondere il valore e la cura della natura in città a beneficio di tutti. Ed è proprio in occasione di questa VII edizione di “Urban nature 2023” che il “WWF Litorale Laziale Gruppo Attivo Litorale Pontino”, chiede all’Amministrazione comunale di Terracina di farsi promotrice di iniziative che gli valgano la definizione ufficiale di “COMUNE IN DIFESA DELLA BIODIVERSITA’”, traendone un logo che potrebbe essere usato nella comunicazione istituzionale.

Questa nostra richiesta scaturisce appunto dall’evidente necessità di puntare sulla biodiversità anche negli ambienti urbani e antropizzati per salvaguardare l’esistenza della specie umana attraverso la pianificazione di uno “sviluppo sostenibile” innanzitutto a livello locale, implementando una serie di strategie volte alla conservazione degli ambienti naturali ed alla protezione della flora e della fauna.

Come? Promuovendo la concretizzazione di azioni che costruiscano o recuperino un equilibrio tra aree fortemente antropizzate, aree destinate a verde pubblico e paesaggio circostante.

 Una di queste azioni potrebbe riguardare, ad esempio, l’impianto dei cosiddetti “Wildflowers” (fiori selvatici) in prati ed aiuole, ottenendo miscugli di piante erbacee mediterranee tanto attraenti per gli insetti impollinatori da cui dipende la nostra esistenza. Del resto, si fa sempre più strada una nuova coscienza ambientalista che sta modificando anche il punto di vista estetico dei nuovi pianificatori urbani e progettisti del verde, sempre più orientati a conservare un aspetto più naturale che, oltretutto, consente costi minori di gestione ed un notevole risparmio di risorse idriche. Infatti, alla luce del cambiamento climatico in atto, non ha più senso voler realizzare a tutti i costi lo stereotipo del “prato all’inglese”, tipico dei parchi e dei giardini anglosassoni, nati in un clima atlantico o continentale e con temperature più basse e precipitazioni meteoriche frequenti. In realtà, quello di cui noi avremmo bisogno è, innanzitutto, nei giardini pubblici e privati, una maggiore densità arborea ed arbustiva, con piante prevalentemente autoctone, quindi più performanti nel contrastare siccità, calore eccessivo, inquinamento, perdita di biodiversità, e più attinenti alle nuove tendenze estetiche riguardanti la realizzazione e la cura del verde ornamentale.

Facciamo presente che la creazione di spazi verdi seminati ad erbe spontanee, è una realtà consolidata in diversi Paesi esteri e che anche in Italia cresce il numero di Comuni, piccoli e grandi, che aderiscono alle nuove idee progettuali di cui fanno parte anche le aree destinate alla creazione dei “giardini per le farfalle”. Ovviamente l’utilizzazione delle erbacee spontanee dovrà seguire alla valutazione dei loro caratteri funzionali che dovranno corrispondere a particolari requisiti (a seconda degli spazi a cui verranno destinate) tra i quali figura la gradevolezza estetica delle fioriture.

 Sarà importante che il Comune si renda protagonista della valenza educativa di un tal progetto nei confronti della cittadinanza e cerchi di coinvolgerla nelle realizzazioni in modo che si superi la diffidenza iniziale dei tanti che vedono i prati spontanei come aree trascurate ed invase da erbacce.

Per questo motivo è importante che il tutto venga gestito con competenza, praticando sfalci differenziati che evidenzieranno la distinzione netta tra le zone soggette ad una fruizione più intensa da parte degli utenti, e quindi trattate nel modo tradizionale a sfalcio intensivo, ed aree naturali con sfalci in numero limitato durante l’anno, che rispettino le fioriture delle erbe spontanee. Questa gestione differenziata, unita ad una delimitazione artificiale immediatamente visibile e al posizionamento di tabelle didattiche nelle aree naturali che ne indichino le finalità, comunicheranno alla collettività i benefici dei prati spontanei, garantendo alla cittadinanza la fruizione agevole dei percorsi, delle aree di sosta con panchine e di quelle destinate ai giochi dei bambini. Pensate, ad esempio, come potrebbero cambiare gradevolmente aspetto, se gestiti in tal modo, il “Parco Montuno” e il “Parco delle città gemellate”, o le aiuole spartitraffico all’ingresso ovest di Terracina che già ci deliziano, ogni primavera ed inizio estate, con le fioriture spettacolari del silene a fiori rosa.

 Un altro particolare non trascurabile è la validità didattica di un prato fiorito all’interno dei giardini scolastici, che potrebbe essere considerato come laboratorio all’aperto per gli scolari, i quali parteciperebbero a tutte le fasi dell’impianto: dalla preparazione del terreno alla semina e alla crescita delle piante, ecc., per arrivare all’osservazione degli insetti attratti dai fiori e di ogni altro mutamento di quel piccolo mondo fervido di vita. Per non parlare dell’aspetto culturale legato alla conoscenza delle tradizioni locali sull’uso delle erbe spontanee nell’alimentazione e per le loro proprietà terapeutiche: un patrimonio di conoscenze preziose per le future generazioni.

In conclusione, suggeriamo al Comune la possibilità di approfondire l’argomento riferendosi ad un documento interessante prodotto dall’ISPRA sulle “Specie erbacee spontanee mediterranee per la riqualificazione di ambienti antropici. Stato dell’arte, criticità e possibilità di impiego(https://www.isprambiente.gov.it/files/pubblicazioni/manuali-lineeguida/manuale_86_2013.pdf), 2013, e alle esperienze di altri comuni sul territorio nazionale, tra cui il Comune di Rimini che già da diversi anni sta attuando iniziative di inserimento di arre destinate a verde spontaneo nel verde pubblico. (https://www.comune.rimini.it/novita/verde-spontaneo-e-ambiente-naturale-citta-presentate-le-linee-guida-la-gestione-e)

In arrivo i camminatori sulla via Francigena

Il WWF Litorale Laziale, Gruppo Attivo Litorale Pontino, da anni collabora con il Gruppo dei Dodici, camminatori sulla via Francigena, nella loro attività di percorrenza a piedi di uno dei Cammini più famosi nel mondo, LA Via Francigena.


Il nostro territorio è interessato proprio dalla parte Sud di questo interessante cammino e in alcuni punti strategici della nostra città si possono vedere tabelle, iscrizioni o anche murales dedicati alla via Francigena, segno che è proprio lì che il percorso passa; queste indicazioni tuttavia sono per i pellegrini che arrivano nella nostra città e vogliono fermarsi o solo attraversarla.
Il camminare su sentieri storici o meno del nostro territorio rappresenta, a nostro avviso, l’icona del turismo e della mobilità sostenibile, ragion per cui da sempre promuoviamo tale pratica invitando i nostri concittadini a partecipare, almeno quando i gruppi di camminatori sono presenti sul territorio.


Il 19 settembre un nutrito gruppo internazionale di camminatori è partito da Teano alla volta di Roma e si fermerà a Terracina. I camminatori arriveranno il 26 settembre nel pomeriggio e ripartiranno la mattina del 27 settembre verso Fossanova come prima tappa verso Roma. Ognuno può partecipare secondo le proprie possibilità di resistenza e allenamento, si può fare anche un brevissimo tratto dentro la nostra città dove, tra le altre cose, la Via Francigena del Sud, incontra un’altra via storica, l’Appia, la Regina Viarum.

Invitiamo quindi tutti i cittadini ad accoglierli sulla strada di arrivo, Via Appia passando per Piazza Palatina, e su quella della partenza, da Piazza Municipio attraverso il centro storico alto, Porta Napoletana e l’Appia antica.


Gli appuntamenti sono il 26 settembre alle 17.00 a Piazza Palatina e il 27 settembre alle 8.00 a Piazza municipio. Si raccomanda un abbigliamento comodo, soprattutto le scarpe, acqua e copricapo.

Incendi 2023

Oggi, 29 agosto finalmente è arrivata la pioggia, troppo tardi per l’enorme superficie di bosco andati in fumo. Fino a ieri mattina bruciava ancora il Monte Concutella ma la devastazione era iniziata 2 giorni prima con l’incendio appiccato alle pendici di Monte Leano e poi ancora Campo Soriano, Monte Pannozzo, Monte Romanelli (esattamente 3 anni dopo e nella stessa area come fa notare il comitato 12 Agosto di Casaletti), Valle Fasana e Santo Stefano, Monte dell’Acquasanta. Sarà sufficiente per i criminali incendiari che hanno utilizzato tutto il tempo disponibile prima delle piogge e ogni volta prima del buio?

E i suddetti criminali sono sempre sicuri del successo perché sanno che è come sparare sulla croce rossa. Appiccare il fuoco in aree difficilmente raggiungibili da terra e solo dai mezzi di spegnimento aerei; aree sconosciute, nella maggior parte delle volte, ai volontari che arrivano da località vicine e che poco conoscono il territorio collinare di Terracina; assenza di un sistema organico e moderno di controllo del territorio per cui gli interventi partono solo dopo la segnalazione di singoli cittadini e sono coordinati a livello regionale e si perdono minuti e a volte ore preziose; difficoltà di una corretta bonifica dopo lo spegnimento delle fiamme.

Insomma ce ne sarebbe per bocciare numerose amministrazioni, purtroppo quella di Terracina è in buona compagnia. Amministrazioni che con la loro indifferenza verso il fenomeno degli incendi favoriscono il degrado del territorio. Avete presente Itri? Vogliamo fare il bis e tris su Fondi, Terracina, Sonnino e oltre?

Purtroppo un territorio soggetto a incendi presenta un suolo non solo sterile, e quindi difficilmente recuperabile dal punto di vista biologico, ma incoerente e franoso per la mancanza di apparati radicali capaci contrastare lo scivolamento a valle.

E ancora purtroppo sappiamo che il governo centrale e regionale preferisce erogare fondi per l’emergenza, intervento di canadair a esempio, piuttosto che spendere in prevenzione: formazione, cura del territorio, nonché effettuare il dovuto catasto delle zone incendiate che deve essere adottato dai Comuni che provvedono a classificare e a vincolare le aree incendiate, ai fini dell’applicazione delle sanzioni a chi non rispetta il divieto di pascolo sulle suddette aree.

Infatti l’art. 3 del DL 120 del 8.9.2021, convertito in Legge 8 novembre 2021 n. 155  dispone, una specifica “misura di salvaguardia”:

“Il Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell’Arma dei Carabinieri e i Corpi forestali delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, entro quarantacinque giorni dall’estinzione dell’incendio, provvedono a rilevare le aree percorse dal fuoco e a rendere disponibili i conseguenti aggiornamenti non oltre il 1° aprile di ogni anno alle regioni e ai comuni interessati su apposito supporto digitale. Gli aggiornamenti sono contestualmente pubblicati in apposita sezione nei rispettivi siti internet istituzionali e comportano, limitatamente ai nuovi soprassuoli percorsi dal fuoco rilevati, l’immediata e provvisoria applicazione delle misure previste dall’articolo 10, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 353, fino all’attuazione, da parte dei comuni interessati, degli adempimenti previsti dal comma 2 del citato articolo 10. Il termine di applicazione dei relativi divieti decorre dalla data di pubblicazione degli aggiornamenti nei siti internet istituzionali”.

Per quanto sopra, quindi, ci sentiamo di chiamare in causa, ognuno per le proprie responsabilità diversi enti oltre quello comunale che comunque avrebbe il ruolo più importante: Polizia Municipale, Carabinieri Forestali, Parchi Regionali, Vigili del Fuoco.

L’importanza di questo team istituzionale e di come ci avevamo visto giusto l’abbiamo avuta l’anno scorso quando siamo riusciti a mettere intorno a un tavolo istituzionale i soggetti nominati, insieme alla Protezione Civile locale e altre associazioni ambientaliste; abbiamo presentato un documento con alcuni punti, pochi in verità, che secondo noi potevano, se realizzati, aiutare la collettività ad evitare quello che invece avviene puntualmente ogni anno e che, quest’anno, ci sembra più grave di sempre. Ci sembra, perché purtroppo non abbiamo da anni il catasto dei suoli percorsi dal fuoco e non possiamo fare confronti. 

Di seguito le nostre proposte presentate durante la riunione in oggetto, sollecitata con nostra richiesta prot. 10192 del 14/02/2022. (https://wwflaziogruppoattivolitoralepontino.com/2022/04/)

Azione di regolamentazione dell’uso del territorio

1.       Ordinanza sul divieto di fuochi (anticipare la sua pubblicazione a Marzo)

2.       Toponomastica strade collinari

3.       Manutenzione straordinaria e ordinaria delle strade, strade bianche e strade          vicinali

4.       Installazione segnaletica verticale dei sentieri CAI

5.       Obbligo ai proprietari della pulizia dei fondi, altrimenti interviene direttamente il Comune

6.       Contrasto alla caccia di frodo

7.       Contrasto al pascolo abusivo

8.       Definizione e segnalazione delle aree assegnate

9.       Applicazione, con il sostegno del Comune, del pascolo per zone assegnate, con recinto mobile, pascolo che così fatto contribuisce a tenere puliti i terreni e quindi ad abbassare il rischio incendi.

10.     Sanzioni immediate ai trasgressori soprattutto sulle aree percorse dal fuoco

11.      Cartellonistica efficace sull’uso delle aree a scopo ricreativo

12      Maggior controllo e sanzioni per i picnic in zone vietate, in particolare

13.     nei giorni festivi durante il periodo estivo

14.     il giorno di ferragosto

15.     Regolamentazione del taglio dei rami vicini ai fili elettrici

16.     Utilizzo di aree abbandonate all’uso privato (cava di Casaletti) come punto di coordinamento per mezzi e squadre

17.     Individuazione di aree attrezzate per la raccolta di acqua da utilizzare in caso d’incendio

18.     Sostegno ai privati dell’area collinare per la fornitura minima dell’acqua ad uso domestico

Azioni di formazione e informazione:

1.       Conoscenza del territorio da parte degli operatori che intervengono, anche da chi segnala

2.       Telesorveglianza Utile alla individuazione precoce di incendi, abbandono di rifiuti, atti di vandalismo

3.       Ai margini della via Appia (Torre Gregoriana- loc. Acquasanta— Km 105-Km 106 in loc. Barchi— Km 108 cava Picozzi-Km 109 torre Epitaffio)

4.       all’inizio di ogni strada, provinciale-comunale che costituisca accesso alle aree boschive (salita per contrada la Ciana, Via di Piazza Palatina, Contrada Casaletti, strada x Contrada I Colli- S. Stefano, strada per Largo Montagna-Campo dei Monaci – Francolane).

5.       Coinvolgimento nella prevenzione delle categorie di allevatori e cacciatori che potrebbero beneficiare degli incendi

6.       Uso della chat tra istituzioni, volontari e operatori per le segnalazioni da utilizzare anche per incendi o fuochi in aree a rischio o in periodo di divieto (serre, depositi di materiale vario, giardini)

7.       Dialogo con i coltivatori per lo smaltimento delle ramaglie

8.       Sollecitare la Regione per approvazione del PGAF (piano di gestione e assestamento forestale)

A questo punto non possiamo far altro che sollecitare la nostra amministrazione a provvedere da subito ad affrontare il problema, anche in collaborazione con altri comuni. Non siamo all’inizio dell’inverno e ci aspettiamo ancora altri roghi fino all’autunno inoltrato.

Considerazioni sulla pesca a strascico

Emilio Selvaggi avrebbe sgranato i suoi occhi grigi come sempre davanti ad un evento incredibile. Questa volta l’occasione sarebbe stata la notizia che la marineria di Terracina si schierava contro la decisione dell’Europa di regolamentare in maniera più stringente la pesca a strascico. Ancora più incredibile gli sarebbero apparse le dichiarazioni dell’europarlamentare conservatore già sindaco di questa ridente città durante la cui consiliatura sono stati approvate tre delibere di Giunta Comunale per progetti di ripopolamento ittico attraverso l’istallazione di piramidi  tecnoreef che se da una parte difendono la Posidonia oceanica e il SIC-ZSC, da essa caratterizzato, dall’altra contrastano gli impatti delle attività antropiche in particolare la pesca passiva e quella a strascico, una pratica che trascina via con le reti dal fondo tutto ciò che vi si trova lasciando il deserto dal punto di vista biologico.

Stiamo parlando delle delibere di Giunta Comunale n° 391 del 17.10.2006 (in verità sotto la consiliatura Nardi), n° 38 del 17.02.2014 e n° 44 del 19.02.2018. Le tre delibere hanno dato il via, nel primo caso e sostenuto la continuazione con le altre due ad un progetto importante denominato “Mare Nostrum”. In sostanza il progetto, finanziato dalla Regione Lazio e monitorato continuamente dall’Università di Pisa (nel caso siano necessari i dati scientifici), ha preso il via come progetto di ripopolamento della fauna ittica, depauperata pesantemente proprio dalla pesca a strascico tanto da dover adottare il fermo pesca nel mese di settembre ormai da anni. Si è così realizzata un’area marina protetta di una superficie di 25 ettari su cui sono stati posizionati i tecnoreef.

Dato l’eccellente risultato in termini di aumento della fauna, tanto da richiamare vicino alla costa anche pesci da altura, e una ripresa rigogliosa della Posidonia oceanica, il progetto è stato poi rifinanziato raddoppiando il perimetro dell’area marina protetta (totale 50 ha) allungata verso Badino, a 600 metri dalla costa e a cavallo del SIC. L’obiettivo del progetto questa volta “Ripristino della Biodiversità e degli Ecosistemi marini”. Questa seconda volta ai tecnoreef sono stati aggiunti dei “ganci” deputati proprio al contrasto della pesca a strascico.

Infine, poiché nella relazione finale viene evidenziato proprio lo straordinario effetto di questa strategia, il comune di Terracina partecipa al bando Life 2020 per il definitivo raddoppio dell’area marina protetta per un finanziamento di 1.200.000 euro purtroppo bocciato.

Da ultimo, sempre il comune di Terracina, sottoscrive nel 2022 il Contratto di Costa, strumento normativo e progettuale per la difesa della biodiversità e la sostenibilità ambientale sull’ecosistema marino così fragile ma strategico anche per l’economia di tanti comuni costieri. Non vogliamo commentare la strumentale presa di posizione di certi politici ma vogliamo comunque sottolineare che con largo anticipo sui tempi il comune di Terracina si è avviato su un percorso virtuoso in piena sintonia con il documento europeo e sempre con la benedizione dell’europarlamentare e dei suoi successori. Questo percorso, che purtroppo non ha visto ulteriore investimenti forse per l’incapacità di rispondere adeguatamente ai bandi, mostra senza ombra di dubbio che l’atteggiamento dei politici locali e quelli poi migrati in Europa era di tutt’altro segno rispetto ai proclami odierni. Le strategie proposte dal Piano d’azione dell’UE ricalcano in pieno, ampliandoli, gli obiettivi del progetto Mare Nostrum e sono a tutto beneficio dell’ambiente e della comunità specie quella dell’economia legata al mare; non da ultimo, infatti, ci preme sottolineare che un’area marina protetta costituisce una forte attrattiva turistica e quindi utile alle attività che vogliono prosperare nell’ottica della sostenibilità.

Siamo quindi sinceramente stupiti di questo agitarsi su posizioni di chiusura, di negazionismo scientifico e guerra ai mulini a vento della ricerca e dell’ambientalismo che qui non c’entra niente.

A proposito di agricoltura e territorio

Sono trascorsi molti anni dal 1992, anno della Conferenza delle Nazioni Unite, meglio conosciuta come Convenzione di Rio de Janeiro, dove gran parte dei leader mondiali concordarono per una strategia comune per la tutela della diversità biologica.

Dobbiamo comunque registrare che da allora ad oggi non ci sono stati cambiamenti sostanziali nelle politiche produttive, spesso rappresentate da consistenti peggioramenti, in quanto molti Stati hanno preferito uno sviluppo economico di tipo industriale dell’agricoltura e della zootecnia, finalizzato all’aumento dei consumi e della redditività.

Pertanto si sono consolidate le condizioni fondamentali, per l’economia agricola, di derogare agli obiettivi ed ai termini dello sviluppo sostenibile.

I fattori produttivi destinati all’agricoltura si sono ampliati nello spazio nel tempo e nella quantità ed hanno generato: inquinamento  generalizzato  dell’acqua, aria e suolo, consumo del suolo, urbanizzazione, infrastrutture distruzione degli ecosistemi, utilizzo di molecole di sintesi , fitofarmaci, pesticidi , tecniche di allevamento non idonee, antibiotico resistenza, produzione enorme di rifiuti e reflui inquinanti , contribuendo in modo sostanziale agli squilibri strutturali del pianeta come i cambiamenti climatici, il riscaldamento globale, l’ acidificazione dei mari e molto altro.

A livello ecologico si iniziano a fare i conti con la semplificazione e la perdita della biodiversità e degli ecosistemi ed il rapporto fra la natura e l’uomo, che si era in qualche modo consolidato, dopo la prima rivoluzione industriale, sembra essere completamente saltato, lungi dal produrre nuove ipotesi di equilibrio.

Le ultime simulazioni (Gualdi et al. 2013) del CMCC, il Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici, per il periodo 1951-2050 confermano che in un’area per sue caratteristiche già particolarmente fragile agli stress, il clima tenderà a diventare più secco e caldo, con diminuzione delle precipitazioni (-5%), alte temperature (+1,5°-2°C), aumento del livello del mare (+7-12 cm).

Questi effetti dal punto di vista agricolo hanno portato e porteranno una serie di problemi alle piante agrarie e selvatiche, stress biotici (virus, batteri, funghi ecc.) assieme ad una grande quantità di fisiopatie, inquinamento delle falde acquifere, delle acque dolci e dei mari, salinizzazione, eutrofizzazione.

Un sostanziale aumento della desertificazione, una consistente perdita di habitat naturali, e di biodiversità. Questi sono i segni salienti della nuova era: l’Antropocene                        

Per questo è necessario una visione globale del problema, non considerare soltanto il settore agricolo, ma tutto il sistema agro-alimentare, industriale, della distribuzione, del consumo, del trasporto. 

L’ agricoltura che non è un’ attività naturale ma che agisce in ambienti ed ecosistemi naturali, soprattutto l’agricoltura Antropocenica, supera spesso i fattori ambientali e di stress, per questo deve importare enormi quantità di materia ed energia sussidiaria e di conseguenza produce inquinamento e rifiuti, ed è per questo che si parla di Agroecosistema.

Gli attuali agroecosistemi industrializzati e tecnologici hanno, quasi annullato gli ecosistemi originari, e dipendono per buona parte dei fattori produttivi, da materia ed energia sussidiaria come: substrati, fertilizzanti, ammendanti, sementi, mangimi ,farmaci, plastiche e fitofarmaci, che spesso sono prodotte dall’altra parte del globo e devono percorrere migliaia di km per raggiungere il campo o l’azienda producendo  per questo incredibili quantità di CO₂, che vanno assommate a quelle derivanti dalle  continue: lavorazioni, forzatura, irrigazione, cure culturali fortemente meccanizzate, plastiche per  protezione interventi fitosanitari, e sanitari, ricerca genetica, energia elettrica, reti informatizzate, infrastrutture e logistica.

Per questo un’agricoltura sostenibile dovrebbe voler dire effettuare pratiche agricole e produttive, che utilizzino al massimo i fattori presenti nel biotopo; fattori produttivi naturali rinnovabili, che producano la minore quantità di rifiuti, ed inquinati tutti riciclabili o riutilizzabili.

Spesso le produzioni tradizionali, quelle che hanno da secoli caratterizzato l’agroecosistema tradizionale, sono quelle più idonee, ripensare ad esempio ad una riqualificazione delle produzioni di un determinato territorio, che molti definiscono «reinvenzione della tradizione» accessibile all’intera popolazione, ai mercati zonali, al Km. zero, produzioni biologiche, oltre che favorire la piccola industria di trasformazione dalla aziendale a piccoli consorzi di produttori. 

E’ chiaro che se le cose fin qui descritte possono apparire scomode pensiamo anche che se si interviene tutti insieme, coinvolgendo più attori/stakeholder, dall’agricoltura all’ambiente, alla salute, qualche passo in avanti possiamo farlo.

Non esiste una Sostenibilità a compartimenti stagni, essa è un tema che appartiene in primis a noi cittadini con il nostro comportamento, senso civico ed etico, e poi a tutte le Istituzioni di ogni ordine e grado.

Noi come Associazione Ambientalista non possiamo non occuparci di questo tema così importante.

Patrizia Parisella

Quando la natura si diverte

Il Parco della Rimembranza di Terracina riapre parzialmente.

Dopo tanti mesi di chiusura sabato con un po’ di emozione siamo entrati di nuovo in quello che è il primo parco della nostra città, rimasto chiuso per 5 lunghi mesi.

Li’ ci sentiamo privilegiati e presi per mano dalla bellezza dei nostri luoghi: da lì si abbraccia in un solo sguardo tutta Terracina, le isole, il Circeo, ed è un’emozione che scalda il cuore.

Naturalmente la natura ha preso il sopravvento e ci sono alcuni punti dove per passare ci vorrà un po’ di lavoro, ma è stato bellissimo muoversi tra l’acanto rigoglioso che la fa da padrone e palme e lecci nati un po’ ovunque, come si è divertita la natura. Abbiamo salutato l’albero del corallo che ci salutava comunque affacciato al muro tutte le volte che passavamo di là. Il glicine ci ha salutato pronto a fiorire presto.

E abbiamo pensato: ecco siamo tornati a casa.