DIFESA DELLE COSTE DALLA CEMENTIFICAZIONE
Il recente dossier del WWF Italia “ Italia: l’ultima Spiaggia ” ci ha informato di una situazione di estremo degrado delle coste che noi conosciamo bene per quanto riguarda il nostro territorio; purtroppo la situazione delle coste del nostro Paese risulta essere abbastanza simile alla nostra se non peggiore.
Forse è stato un errore di fondo, in cui è caduto anche il Ministro dell’ambiente Galletti, considerare il territorio e l’ambiente esclusiva servitù delle attività ludiche, produttive ed economiche dell’uomo. La pesca, lo sfruttamento delle coste per il turismo, la caccia e soprattutto la cementificazione sono state, e sono ancora purtroppo, attività con un immediato ritorno economico ma con effetti a lungo termine devastanti. L’erosione delle coste che tanto ha danneggiato l’ambiente e l’economia di molti territori, è frutto di una serie di attività umane tese a utilizzare la costa, immediatamente in prossimità della spiaggia, per costruzioni molto spesso private, ma anche esercizi pubblici come gli stabilimenti balneari, piccoli e grandi moli e attracchi.
Di qualsiasi dimensioni siano gli interventi il semplice fatto di costruire strutture fisse protese in acqua influisce sulla captazione da parte del mare, con l’effetto ondoso e in relazione alle correnti, di grandi quantità di sabbia. Se poi a questo si associa il diminuito apporto di sabbia dal Tevere perché prelevata per l’edilizia o perché nel percorso incontra altre strutture la situazione diventa drammatica. Ecco il nostro dissenso già dal 2009 al porto di Anzio.
In questo contesto si inseriscono, anche se trattati come progetti a parte, i piani di ripascimento; nelle intenzioni di chi li propone e li attua (Regione) dovrebbero contrastare l’erosione “attirando” la sabbia in quel tratto di costa, tuttavia spesso viene proposto un ripascimento di tipo “rigido” che, dal punto di vista della dinamica delle correnti ha lo stesso effetto della costruzione di un porto: erosione in sottoflutto rispetto alla struttura. Basta osservare con Google Earth la costa che va dal Promontorio del Circeo a Terracina e il Lungomare di Latina per rendersi conto che l’emergenza erosione diventa quotidianità.
Auspichiamo, quindi, che le Istituzioni, evitando di ripetere gli errori del passato riproponendo le solite scogliere e pennelli o altre opere di ripascimento, siano attente, prima di impegnare ingenti quantità di denaro pubblico, nel valutare le linee guida da proporre e le strategie d’intervento tra le più idonee per assicurare al nostro territorio un futuro sostenibile.
Chiediamo quindi di valutare progetti di ripristino dell’ambiente naturale costiero, dove la duna “sa il fatto suo” e se lasciata libera da costruzioni, anche se solo un belvedere o una strada, tornerà a svolgere la sua funzione naturale. A Terracina la duna ormai è quasi del tutto scomparsa, ne è rimasto un residuo alla fine del lungomare Circe oggetto del nostro interesse già da anni anche con un progetto scolastico e che andrebbe tutelato, ma vanno promossi i progetti di ampliamento dell’Area Marina Protetta di ripopolamento ittico nel tratto antistante il Lungomare Circe (Det.ne Dir.le n.83/GEN del 20/08/2015) e l’ampliamento del Sito di Importanza Comunitaria/SIC, “Praterie di Posidonia”, per la conservazione degli ambiti naturali e della biodiversità, nel tratto marino compreso tra S. Felice e Terracina (Del.ne di G.R. n. 604 del 03/11/2015).
Sono questi i progetti che dobbiamo difendere e promuovere e questo è quello che farà Il WWF Litorale laziale si spera in collaborazione con le amministrazioni e gli Enti di governo del territorio dei vari comuni.