Ancora carbone, non ce lo meritiamo.

 

Il WWF l’aveva definita, qualche giorno fa, una decisione “gravissima”. Stiamo parlando della riapertura della centrale a carbone di Genova, richiesta dallo stesso Ministero dello Sviluppo Economico.

 

 

 

Oggi su Il Secolo XIX, il principale quotidiano ligure, è intervenuta con un articolo la Presidente del WWF Italia, Donatella Bianchi: Mentre la Cina annuncia lo stop a 85 centrali a carbone (nuove) in Italia siamo di fronte a una scelta assurda, che dilaziona la chiusura di centrali vecchie, inefficienti, altamente inquinanti e del tutto ininfluenti rispetto alla sicurezza energetica del Paese” scrive la Presidente del WWF.

 
Per il WWF si tratta di un ritorno al passato, tanto più perché l’Enel stesso ne aveva previsto la chiusura. Far pagare con i soldi dei contribuenti, ovvero con le bollette, le centrali in assoluto più inquinanti e nocive, per la salute e l’ambiente, desta non poche perplessità. Anche perché si tratta di impianti che hanno una potenza irrilevante, a fronte di una potenza efficiente netta installata in Italia di circa 117.000 MW.

 

 
Per fare un esempio – scrive ancora Donatella Bianchi su Il Secolo XIX – , il picco di domanda del febbraio 2012, quando l’Italia venne colpita da una ondata di freddo intenso aveva previsto la potenza massima richiesta di 53 GW. Ma allora perché riaprire la centrale di Genova? Il Ministero dello Sviluppo Economico si appella a maggiori esigenze di approvvigionamento dalla Francia e minore energia prodotta da centrali nucleari importata: viene da chiedersi, però, perché l’eventuale esigenza di maggiori esportazioni in Francia non possa essere soddisfatta dalla sovraccapacità delle nostre centrali, con un margine di riserva di almeno 20mila MW. Si possono usare le centrali a ciclo combinato (gas) meno inquinanti e molto più efficienti di una obsoleta degli anni ’50. E ancora, che fine faranno i piani di chiusura di altre centrali, come quella della Spezia, prevista per il ’21? Genova ha il diritto/dovere di investire sulla qualità della vita dei suoi cittadini, sulla sicurezza e sul diritto alla salute, così come di garantire occupazione e sviluppo puntando sulla sostenibilità ambientale“.

 

 
L’Italia ha più volte ribadito il sostegno all’Accordo di Parigi sul clima e l’impegno a fare la propria parte: il carbone è il primo combustibile fossile di cui possiamo (e dobbiamo) fare a meno in tempi brevi.

Mobilità sostenibile, necessitano le infrastrutture a sostegno dei servizi

Martedì 10 gennaio il comune di Terracina ha approvato una proposta progettuale (DGC-12-2017) dopo aver stipulato una convenzione con i comuni di Sabaudia, Pontinia, Priverno, San felice Circeo e Sonnino per partecipare al bando emanato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare per la realizzazione di progetti di mobilità sostenibile casa-scuola e casa-lavoro. La proposta progettuale è del comune di Terracina, comune capofila, e si inserisce tra le iniziative nazionali e comunitarie aventi come obiettivo la riduzione delle emissioni di gas serra provenienti dal settore dei trasporti.

I progetti presentati dai comuni, anche consorziati, con popolazione residente di oltre 100.000 abitanti sono finanziati dal Ministero fino ad un massimo del 60% e per un importo non superiore a 1.000.000 €.

Il progetto preparato da Terracina, proposto agli altri comuni e denominato “Share Fresh Air Project”, ha un importo complessivo di 685.005,80 € da ripartire tra i partecipanti.

In tutti i comuni coinvolti dal progetto si faranno iniziative di educazione stradale nelle scuole per l’infanzia per promuovere una gestione della mobilità rispettosa dell’ambiente e della sicurezza anche utilizzando servizi di piedibus. Questo è una sorta di autobus formato da una fila di bambini guidati da due adulti che partendo da un capolinea e effettuando fermate in punti strategici accompagnerà i piccoli fino alla scuola.

A Terracina si realizzeranno iniziative di mobilità condivisa quali il piedibus, car pooling, car sharing, bike sharing, bicibus, bike to work, scooter sharing.

I luoghi di maggiore frequentazione saranno collegati da minibus elettrici le cui stazioni principali di sosta saranno corredate da impianti di ricarica e integrate da postazioni del bike sharing. Quest’ultimo servizio potrà essere esteso anche agli altri comuni collegati al nostro attraverso la rete ciclabile e/o la rete ferroviaria.

 

 

Ad integrazione dei servizi di mobilità condivisa mediante mezzi meccanici o elettrici per i piccoli allievi delle scuole dell’infanzia verrà organizzato il piedibus, iniziativa utile per decongestionare il traffico nelle ore di punta.

L’iniziativa di introdurre tutti questi servizi per ridurre le emissioni climalteranti e migliorare la qualità della vita dei cittadini è lodevole ma nella situazione della nostra città rischia di naufragare. Nel progetto, infatti, viene menzionata una serie di servizi in nome della sostenibilità, ma questi devono essere inseriti nel contesto dell’intera città.

Intanto, i servizi proposti hanno bisogno di infrastrutture indispensabili, una rete stradale congrua innanzitutto.

Chiunque girando per Terracina potrà notare il dissesto del fondo stradale, la mancanza diffusa di marciapiedi (fonte di rischi per il piedibus), le difficoltà di passaggio da Viale Europa a Viale Circe per gli ostacoli presenti nelle traverse (mamme con carrozzine e persone con difficoltà motorie costrette ad effettuare slalom), l’allagamento di molti tratti stradali sotto la pioggia,…

Il bike sharing, il bicibus e il bike to work senza una rete di piste ciclabili sulle quali attivare tali servizi resteranno lettera morta con spreco di denaro prima di tutto e seri rischi per gli utenti se si attivassero.

Ricordiamo che Terracina vanta tutta una serie di delibere sulla mobilità sostenibile (utilizzate anche per ottenere la bandiera blu) e in particolare sulle piste ciclabili, solo in parte attuate e senza costituire rete.

Il sito dell’Agenda 21 le elenca con precisione:

  1. Piano Urbano della Mobilità sostenibile (Del.ni di C.C. n. 28/2003, n. 122/2007, e Del.ne di G.C. n. 94/2014)
  2. Pista ciclabile lungo i fiumi Linea Pio e Mortacino (Del.ne di G.C. n. 635/2004; la pista è stata compiuta nel 2008 e mai restaurata)
  3. Pista ciclabile di Via Pantani da Basso (Del.ne di C.C. n. 90/2005; la pista è stata compiuta nel 2008 e attualmente presenta alcune criticità)
  4. Pista ciclabile sul Lungomare Circe (Del.ne G.C. n. 169/2014, la pista è stata compiuta nel 2015 senza il convogliamento delle acque piovane)
  5. Anello ciclabile per connettere le due piste già realizzate inserito nel Piano Urbano del Traffico (Del.ne di G.C. n. 430/2011), ma ancora da attuare.
  6. “Piano Quadro della Ciclabilità” (Del.ne di G.C. n. 322/2014).

Riteniamo la realizzazione di tali infrastrutture e la rivisitazione dell’intero tracciato viario della città con l’obiettivo di una sua ottimizzazione siano opere urgenti senza le quali i servizi previsti da questo progetto saranno vanificati.

 

 

La combustione alla base dell’inquinamento dell’aria, un convegno dell’ISDE

“I processi di combustione che hanno caratterizzato la società moderna a partire dalla rivoluzione industriale, rappresentano oggi uno dei più rilevanti problemi per le ricadute ambientali e sanitarie, a cominciare dai cambiamenti climatici. Ogni processo di combustione infatti, sia che derivi da combustibili fossili che da biomasse per produzione di energia, traffico o trattamento di rifiuti, produce grandi quantità di inquinanti e di gas clima alteranti. Lo scadimento della qualità dell’aria che ne consegue è fonte di rischi per la salute umana ormai indiscutibilmente accertati sul piano scientifico.”

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L’ISDE (Medici per l’Ambiente) ha organizzato un convegno dedicato al nostro grande oncologo Lorenzo Tomatis dal titolo PROCESSI DI COMBUSTIONE E SALUTE UMANA.

“Scopi del Convegno sono:
 fornire strumenti di conoscenza e di aggiornamento alla classe medica sul tema Ambiente-Salute
 inquadrare il problema, individuando i principali inquinanti e le loro ricadute sulla salute
 delineare soluzioni possibili che permettano di superare l’attuale modello produttivo basato su processi lineari (estrazione di materie prime – produzione di manufatti – formazione di rifiuti) trasformandolo in un modello, coerente con i cicli della Natura, basato su processi circolari che utilizzino come fonte primaria l’energia solare.”

Per ulteriori informazioni sul convegno ecco il programma 2016-12-03-pistoia-convegno-combustioni

 

La Rimembranza nella Settimana dell’UNESCO per l’Educazione allo Sviluppo Sostenibile

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21-27 novembre 2016

Settimana dell’UNESCO dedicata all’Educazione allo Sviluppo Sostenibile

Il Gruppo Litorale pontino del WWF Litorale Laziale partecipa a questa iniziativa coordinata dall’assessore all’Ambiente Emanuela Zappone con l’apertura straordinaria del parco della Rimembranza nei giorni di sabato 26 e domenica 27 novembre.

Altre associazioni interverranno nel parco del Montuno, nell’area Ghezzi e nel piccolo parco di Posterula.

Programma

Sabato 26,  apertura ore 11/13        e      15/17

Visite guidate del parco ( già previsto l’arrivo di un gruppo di blogger vicini a Visit Terracina) con informazioni sulla sostenibilità ambientale applicata al nostro territorio.

Domenica 27,  apertura ore 10/13      e     15/17

Visite guidate del parco con informazioni sulla sostenibilità ambientale applicata al nostro territorio.

Nel pomeriggio soci della Rete Solidale gestiranno un momento ludico.

Clima: WWF, l’accordo di Parigi supera la prima prova alla Cop22 di Marrakech

COMUNICATO STAMPA WWF ITALIA

Si è chiusa ieri, a tarda sera, la COP22 sul Clima di Marrakech. A guidare il team del WWF presente ai lavori c’era Manuel Pulgar-Vidal, già ministro dell’Ambiente peruviano e presidente della COP20 di Lima, oggi leader Clima ed Energia del WWF Internazionale che ha dichiarato: “Il meeting di Marrakech ha prodotto ciò di cui avevamo bisogno, mettendo sostanza dietro le promesse dell’accordo di Parigi così che questo possa essere totalmente attuato. Il lavoro qui a Marrakech non è stato dei più affascinanti, ma è stato un passaggio chiave per ‘dare gambe’ all’accordo di Parigi. L’impegno dei Paesi nell’attuare l’accordo di Parigi ha anche passato il suo primo test importante: nonostante il risultato delle elezioni degli Stati Uniti, si è ribadito che si continua a lavorare per obiettivi a lungo termine. Il mondo sta andando avanti e il processo verso la decarbonizzazione è irreversibile: questo slancio influenzerà tutti i settori della società”.

Già 111 paesi hanno ratificato l’accordo, sottolineando la sua storica importanza. Le nazioni inoltre hanno iniziato a presentare le loro tabelle di marcia a lungo termine per la decarbonizzazione.

C’è ancora molto lavoro da fare, il ‘gap delle emissioni’, cioè il divario tra gli obiettivi necessari per prevenire il cambiamento climatico più pericoloso, seguendo anche le indicazioni della comunità scientifica e gli obiettivi dei governi finora dichiarati, continua a crescere. La drastica e urgente riduzione delle emissioni e l’adattamento al cambiamento climatico già in atto sono essenziali per la futura prosperità, sicurezza e salute del mondo”. Ha aggiunto Mariagrazia Midulla, responsabile Cima ed Energia del WWF Italia che spiega: “A Marrakech si è deciso di fare ogni sforzo perché nei prossimi due anni si lavori per arrivare a obiettivi più ambiziosi: la condizione necessaria perché venga vinta la sfida posta dall’Accordo di Parigi, rimanere entro 1,5%° C di aumento medio della temperatura globale rispetto all’era preindustriale”.
Nelle conclusioni dei negoziati di Marrakech ci sono ancora lacune in materia di finanza e adattamento, nonostante alcuni annunci positivi fatti sui finanziamenti per misure di adattamento e capacity building.
Ci aspettiamo di vedere i paesi sviluppati – sottolinea Manuel Pulgar-Vidal – impegnarsi in modo significativo sulla finanza e altre forme di sostegno, e segnali incoraggianti arrivano dalla Cina e altri paesi, che hanno intensificato la loro cooperazione con i paesi del Sud del mondo”.
E’ stato importante l’annuncio del ‘Climate vulnerable Forum’, un gruppo di circa 50 Paesi che si impegna a rivedere e migliorare gli obiettivi attuali in materia di taglio di emissioni nel 2018, con l’obiettivo di raggiungere il 100% di energie rinnovabili entro il 2050.
“Qui a Marrakech è stato fissato un percorso per aumentare le ambizioni e aprire la strada a stringenti impegni nazionali, nonché fornire un sostegno finanziario in linea con le indicazioni della comunità scientifica e con i principi dell’equità – conclude Midulla -. Nel corso dei prossimi anni, ci aspettiamo il calo dei costi delle energie rinnovabili e un’azione in scala da parte di tutti gli attori (settore privato, municipalità, investitori, governi di tutto il mondo) per accelerare la transizione verso la decarbonizzazione e lo sviluppo sostenibile. Come WWF, lavoreremo per questo”.

Roma, 19 novembre 2016
 

Wwf Italia

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WWF: A 50 anni da alluvione Firenze vulnerabilità del territorio italiano aumentata

IN ITALIA SI CONSUMA SUOLO ALLA MEDIA DI 35 ETTARI AL GIORNO
IL WWF ITALIA NELLA COALIZIONE DI PEOPLE4SOIL: 1 MILIONE DI FIRME PER UNA DIRETTIVA EUROPEA PER IL CONSUMO “SUOLO ZERO”
Nonostante l’Italia sia un paese ad alto rischio sismico ed idrogeologico si consuma suolo alla media di 35 ettari al giorno. Mentre, con sempre maggiore frequenza, siamo costretti a contare danni e morti per terremoti, frane e alluvioni ancora manca una seria pianificazione per la cura e la prevenzione del rischio legato al nostro territorio.
A 50 anni dall’alluvione di Firenze un dossier del WWF Italia fa il punto sulla situazione del dissesto idrogeologico nel Belpaese che si scopre ogni giorno più fragile e avanza proposte urgenti al governo. Da quando a Firenze, dove la mattina del 4 novembre 1966, dopo 24 ore di piogge battenti su un territorio già saturo d’acqua, l’Arno esondò drammaticamente e tutta la Toscana insieme al Veneto e il Friuli Venezia Giulia furono interessate dalle esondazioni, con Piave, Adige, Brenta, Livenza e Tagliamento, purtroppo, la vulnerabilità del nostro territorio è ulteriormente aumentata: lo testimonia il consumo di suolo che ha portato ad occupare molte delle aree di esondazione dei fiumi, compromettendone la capacità naturale di mitigazione del rischio idrogeologico.
È il caso della Liguria, dove un quarto del suolo, entro la fascia di 150 metri dagli alvei fluviali, è stato consumato tra il 2012 e il 2015* oppure del Trentino Alto Adige con il 12%, il Piemonte con l’9%, l’Emilia Romagna con l’8,2%, la Lombardia con l’8% o la Toscana con il 7,2% di ulteriore consumo di suolo entro la fascia di 150 metri dei fiumi in questi ultimi 3 anni. Si è irresponsabilmente continuato a costruire in aree pericolose, così in Italia la percentuale di suolo consumato all’interno delle aree a pericolosità idraulica elevata è del 7,3%, mentre è del 10,5% nelle aree a pericolosità media, lasciando oltre 7,7 milioni di italiani a rischio. (ISPRA, 2016).
L’Italia sconta anche il ritardo nell’applicazione delle importanti direttive europee “Acque” (2000/60/CE) e “Alluvioni” (2007/60/CE), la confusione istituzionale con troppi soggetti nazionali e non che si occupano a più livelli di difesa del suolo senza una chiara regia a livello di bacino idrografico come, peraltro, previsto dalle normative europee. Inoltre, mancano le risorse per prevenzione e pianificazione, mentre ne spendiamo tanti solo a fronte delle continue emergenze.
Per far fronte al dissesto idrogeologico è stato stimato un fabbisogno di 44 miliardi di euro, una cifra decisamente inferiore ai circa 175 di miliardi di euro spesi negli ultimi 50 anni: basta considerare che spendiamo, prevalentemente in emergenze, circa 3,5 miliardi di spesa all’anno. A fronte di una situazione così grave e nonostante i numerosi annunci, l’attuale legge di stabilità prevede nel 2016 per la messa in sicurezza del territorio e per interventi di manutenzione solo 260 milioni di euro.
“Le conseguenze degli errori del passato ripropongono ogni giorno nuove emergenze: la messa in sicurezza del territorio è una priorità ma servono urgentemente investimenti e politiche rigorose . E’ necessaria una forte integrazione tra la Struttura di Missione ‘Italia Sicura’, nata per affrontare l’emergenza idrogeologica, e la Struttura di Missione ‘Piano Casa Italia’, che si occuperà della prevenzione in campo sismico e alluvionale,  che fanno entrambe capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e tra queste e il gruppo di lavoro promosso dal ministero dell’Ambiente che sta definendo il Piano Nazionale per l’Adattamento ai Cambiamenti Climatici sia per condividere i dati e le informazioni che porteranno a individuare le aree più vulnerabili, che per individuare le priorità di intervento”. Lo dichiara la presidente del WWF Italia Donatella Bianchi che aggiunge: “Invertire la rotta è possibile ma non c’è più tempo per ulteriori improvvisazioni, dobbiamo far tesoro delle esperienze positive come la riqualificazione del Sangro in Abruzzo, orrendamente canalizzato e cementificato negli anni ‘80 e ora oggetto di un innovativo intervento di rivitalizzazione del suo corso. Oppure l’esempio del Comune di Bologna dove è stato realizzato un partecipato Piano di adattamento della città, in gran parte incentrato su azioni di risparmio, riutilizzo e miglioramento della qualità delle acque”.
È indispensabile raccogliere la sfida dell’Accordo di Parigi e promuovere un piano di adattamento ai cambiamenti climatici, articolato per bacini/distretti idrografici e attuare un vasto programma di riqualificazione ambientale per il recupero dei servizi ecosistemici, attraverso la rimozione di opere di difesa obsolete e il ripristino di aree di esondazione naturale. Il suolo è la culla della biodiversità terrestre e depura le acque, le assorbe e trattiene, svolgendo un ruolo fondamentale nella corretta gestione della risorsa idrica e nella prevenzione dei danni delle alluvioni. Ma il suolo è anche molto altro: i suoli europei intrappolano una quantità di carbonio immensa, che equivale ad oltre 40 volte la CO2 emessa annualmente da trasporti, settore civile, industria. E ci difendono così dai cambiamenti climatici, a patto di non cementificarli e impermeabilizzarli.
In Europa, come sottolinea la campagna People4soil che vuole raccogliere 1 milione di firme per un’iniziativa di legge popolare europea, alla quale il WWF ha aderito il consumo di suolo è legato a crescita disordinata di edifici, cave, infrastrutture: negli anni 2000 il consumo è aumentato al ritmo di 100.000 ettari ogni anno, una superficie equivalente a quella di una città come Roma.
Leggi il Dossier http://bit.ly/DossierFiumi   
Roma, 4 novembre 2016
 

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* ISPRA, 2016 – Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici. Edizioni 2016. 248/2016

Pubblicato il VI Rapporto Anci-Conai, 9 Regioni e 3.549 Comuni oltre l’obiettivo UE del 50% di riciclo dei rifiuti

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Nel Rapporto che copre il 95% del territorio nazionale si legge che sono in crescita la raccolta differenziata e l’avvio al riciclo e scendono le emissioni di CO2. L’Italia viaggia ancora a due velocità ma dal Sud arrivano segnali incoraggianti.

 

Nove Regioni italiane hanno raggiunto, con ben 5 anni di anticipo, l’obiettivo UE del 50% di avvio a riciclo fissato per il 2020: Piemonte, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Marche, Sardegna e Valle D’Aosta.  Mentre la Campania, la Toscana e l’Abruzzo sono prossimi a raggiungere l’obiettivo il Lazio è ancora molto lontano.

3.549 sono i Comuni che hanno già raggiunto il traguardo fissato dalla Direttiva Europea , il 13% in più rispetto al 2014 e il 58,29% rispetto al 2013.

Nel Lazio i Comuni che hanno superato il 50% di avvio al riciclo sono oltre 80; la distribuzione provinciale vede Roma con 39 comuni, Viterbo con 19, Latina con 10, Frosinone con 9, Rieti con 4.

I comuni della provincia di Latina sono Campodimele, Castelforte, Formia, Lenola, Monte  San Biagio, Norma, San Cosma e Damiano, Sermoneta, Sonnino,Spigno. Terracina non appare nel Rapporto, forse rientra nel 5% del territorio nazionale non raggiunto dallo studio dell’ANCI-CONAI.

Lo studio evidenzia un lieve aumento (+0,78%) della produzione dei rifiuti urbani nel 2015, che si attesta a 512 kg per abitante, mentre la percentuale di raccolta differenziata (+3,32%) cresce più velocemente rispetto a quella di avvio al riciclo (+1,77%), una forbice dovuta in larga parte alla qualità dei materiali raccolti.

Si legge nel Rapporto:

“Grazie all’incremento delle quantità di rifiuti avviati al riciclo, si sono evitate emissioni di CO2 equivalenti pari a 1.792.064 tonnellate, un dato in aumento del 32,75%. Il rapporto evidenzia inoltre un aumento della quantità dei materiali conferiti ai Consorzi del Conai e successivamente reimmesso nei cicli produttivi, a prova di una consolidata attitudine dei cittadini alla separazione delle matrici recuperabili; ciò nonostante, si assiste a un leggero peggioramento della qualità dei materiali stessi, a testimonianza di quanto sia importante continuare a informare i cittadini sulle corrette pratiche da seguire nella raccolta differenziata.”

Separa bene i rifiuti per migliorare la raccolta differenziata!

 

Segui le indicazioni del glossario  glossario-rifiuti

 

Salva il suolo: è il tempo dell’azione

L’iniziativa dei cittadini europei (I.C.E.) “SALVA IL SUOLO“, portata avanti dal WWF e da oltre 350 organizzazioni non governative di 26 Paesi europei, ha l’obiettivo di sostenere la proposta di una Direttiva Europea sul consumo di suolo, che stabilisca una volta per tutte come il suolo sia una risorsa strategica per assicurare la sicurezza alimentare, la tutela della biodiversità e la regolazione dei cambiamenti climatici.

 

Bisognerà raccogliere da oggi all’11 settembre 2017 in tutti i Paesi membri un milione di firme di cittadini europei in calce ad una scheda su cui riportare i dati anagrafici (con il riferimento alla sola carta di identità). Il successo di questa iniziativa nel nostro paese servirà anche a sollecitare il Parlamento italiano ad approvare al più presto norme per limitare il consumo di suolo (in discussione da due anni) che servano a dare un quadro di regole  e di strumenti che siano veramente efficaci.

La raccolta di firme “SALVA IL SUOLO” in Italia è promossa da una task force di associazioni formata da ACLI, Coldiretti, FAI, INU, Legambiente, LIPU, Slow Food, WWF, che organizzeranno iniziative insieme al più vasto coordinamento italiano degli aderenti alla I.C.E. costituito da 80 realtà associative e comitati.

E’ diffusa ormai la consapevolezza che il suolo, risorsa non rinnovabile e bene comune, svolge funzioni vitali per l’ecosistema, la produzione alimentare, la conservazione delle risorse idriche, l’assorbimento dell’anidride carbonica. Contenere il consumo di suolo, a giudizio del WWF, è fondamentale per limitare il rischio idrogeologico, garantire la capacità di ripresa dei sistemi naturali e di adattarsi ai cambiamenti climatici.

                                                      FIRMA ANCHE TU!

 

CLIMA: WWF, PER SALVARE ECOSISTEMI E ESSERI UMANI RISPONDERE CON “ETÀ DEL SOLE”

 
 
L’Organizzazione Meteorologica Mondiale ha confermato che siamo entrati in una “nuova era per il clima”, con dati allarmanti sia sulla concentrazione di CO2 che sulle temperature.

“La ‘nuova era per il clima’ avrà sicuramente impatti molto importanti e potrebbe cambiare profondamente la geopolitica e la vita sul Pianeta –ha dichiarato Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia-  Siamo ancora in tempo per ‘decidere’ se questi cambiamenti potranno essere metabolizzabili dagli ecosistemi e dalla civilizzazione umana o no. I record non si contano più, 3 anni di seguito (incluso quello in corso) saranno i più caldi mai registrati, la concentrazione di CO2 in atmosfera è stabilmente sulle 400 parti per milione, una concentrazione molto più alta di quella registrata da milioni di anni. Mese per mese i record si susseguono, destando enorme preoccupazione nella comunità scientifica. La politica non può fingere di occuparsene: se ne deve occupare davvero. Il 4 novembre entrerà in vigore l’Accordo di Parigi, vorremmo che per quel giorno tutti fossero pronti non solo a mantenere le proprie, inadeguate promesse,  ma a incrementare esponenzialmente gli sforzi per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C. Questo vuol dire dare l’avvio a un vero e proprio new deal, perché cominci l’Età del Sole eliminando i combustibili fossili e puntando tutto sulle energie rinnovabili e l’efficienza energetica.  Rispondere alla grande minaccia del cambiamento climatico creando, insieme, nuove opportunità è l’unica strada percorribile: ci auguriamo che questa sfida venga colta da tutti, comunità, Paesi, Governi e mondo dell’economia”.

 

Il 3 novembre, alla vigilia dell’entrata in vigore dell’Accordo di Parigi e della COP22 di Marrakech, il WWF renderà noto un report sulle politiche nazionali necessarie per uscire dal primo combustibile fossili di cui possiamo fare a meno, il carbone: un Paese che non ha bisogno di questa fonte fossile, come il nostro, può diventare leader della transizione, tanto più  oggi che persino la Cina ha deciso di rinunciare ad alcune delle centrali a carbone già in costruzione.

 

Roma, 24 ottobre 2016

 

unnamedUfficio Stampa WWF Italia

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Il decreto SbloccaItalia e la malagestione dei rifiuti urbani

L’articolo 35 del Decreto Sbloccaitalia ignorando le opzioni Rifiuti Zero di tante città italiane, Roma compresa, e le direttive europee che spostano l’attenzione dalla differenziazione dei rifiuti al loro effettivo riciclo introduce nuovi impianti di incenerimento su tutto il territorio italiano definendoli infrastrutture di interesse nazionale, sottraendo così alle popolazioni locali ogni potere decisionale in merito.

Art.35 Misure urgenti per la realizzazione su scala nazionale di un sistema adeguato e integrato di gestione dei rifiuti urbani e per conseguire gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio. Misure urgenti per la gestione e per la tracciabilita’ dei rifiuti nonche’ per il recupero dei beni in polietilene.

Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto, individua a livello nazionale la capacita’ complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati a livello nazionale, con l’indicazione espressa della capacita’ di ciascun impianto, e gli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo, determinato con finalita’ di progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale e nel rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio, tenendo conto della pianificazione regionale. Gli impianti cosi’ individuati costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale, attuano un sistema integrato e moderno di gestione di rifiuti urbani e assimilati, garantiscono la sicurezza nazionale nell’autosufficienza, consentono di superare e prevenire ulteriori procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore e limitano il conferimento di rifiuti in discarica.

In applicazione di tale art.35 è arrivato sulla Gazzetta Ufficiale-Serie Generale n.233 del 5 ottobre 2016 il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10 agosto 2016 dal titolo:

Individuazione della capacita’ complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento di rifiuti urbani e assimilabili in esercizio o autorizzati a livello nazionale, nonché individuazione del fabbisogno residuo da coprire mediante la realizzazione di impianti di incenerimento con recupero di rifiuti urbani e assimilati.

Per la nostra regione viene presentato questo quadro degli impianti di incenerimento in esercizio

Provincia Località N. linee Carico termico

(MW)

Capacità oraria autorizzata

(ton/h)

Capacità di trattamento autorizzata

(ton/a)

Capacità di trattamento

dei rifiuti urbani e assimilati

(ton/a)

Roma Colleferro 1 52 12 110.000 80.000
Frosinone San Vittore 2 108 28,8 224.480 224.480

Mentre questa è la situazione degli impianti di incenerimento autorizzati ma non esercizio

Provincia Località N. linee Carico termico

(MW)

Capacità oraria autorizzata

(ton/h)

Capacità di trattamento autorizzata

(ton/a)

Capacità di trattamento

dei rifiuti urbani e assimilati

(ton/a)

Roma Roma 2 236 38,4 182.500 182.500
Frosinone San Vittore 1 52 12,5 98.750 98.750

Il DPCM conclude che nel Lazio occorre insediare un altro impianto di incenerimento dalla capacità di trattamento di 210.000 ton/a di rifiuti urbani e assimilati.

Nessuno sforzo verso la società del riciclo in una regione dove la raccolta differenziata nell’ultimo Rapporto dell’ISPRA si attesta al 32,7% mentre la media italiana è del 45,2% con la Lombardia al 56% e il Veneto addirittura sopra il 67%.

Aver stabilito la necessità di un quarto inceneritore nel Lazio significa non prevedere e non incentivare un aumento progressivo della raccolta differenziata fino ai valori previsti dalle norme e che tanti Comuni italiani, anche della nostra regione, hanno già raggiunto.