A QUALCUNO PIACE BOLLENTE

Vorremmo dire la nostra, noi del WWF litorale laziale, sulla recente delibera di abbattimento di numerosi esemplari adulti di pino domestico che la Giunta Comunale di Terracina ha emesso a seguito di una semplice relazione della Polizia Locale secondo la quale gli alberi in questione vanno abbattuti perché pericolosi per l’incolumità dei cittadini; ma oltre ciò, non è stata esibita alcuna perizia tecnica dalla quale risulti l’effettiva pericolosità di ognuno di questi alberi, per cui la drasticità della decisione, francamente, ci sembra a dir poco incomprensibile. Non dovrebbe un’Amministrazione conservare un rapporto di assoluta trasparenza con i cittadini?  E’ chiaro che se le scelte vengono imposte dall’alto, senza spiegazioni esaustive, la cittadinanza, o buona parte di essa, si sentirà in (legittimo) diritto di protestare, tanto più che si tratta, in questo caso particolare, di un atto deliberativo che appare dettato dall’approssimazione e dal pregiudizio, senza che venga tenuta in alcun conto l’importanza di un patrimonio arboreo ormai ridotto all’osso di cui dovremmo occuparci con la massima cura, dati i tempi correnti. Su un punto, infatti, dovremmo essere tutti d’accordo: il cambiamento climatico non è un’opinione! E’ un tema troppo serio per essere relegato nell’empireo degli ideologismi e se la neutralità carbonica è un obiettivo troppo lontano da raggiungere per vari motivi legati alla geopolitica, l’ecoadattamento o la resilienza (chiamatelo come vi pare), come terapia parallela nel contrastare gli effetti derivanti dal global warming, è un’urgenza innegabile. Pena la nostra esistenza.

Eppure, basterebbe affacciarsi sul mondo e si saprebbe che molti Paesi stanno da tempo provvedendo a fronteggiare le catastrofi ormai inevitabili rigenerando città e metropoli con soluzioni ecosostenibili che puntano soprattutto sulla forestazione urbana, sulla depavimentazione delle città, sulla tutela delle falde idriche e sul ripristino e difesa della biodiversità, fondamentale per la vita sul pianeta. Tutti argomenti da noi trattati e proposti all’Amministrazione di Terracina, per ben 2 anni consecutivi, in occasione di “URBAN NATURE”, evento a carattere nazionale del WWF che ha lo scopo di promuovere la valorizzazione e la naturalizzazione del verde urbano come antidoto alla crisi climatica. Sia nell’edizione autunnale del 2023 che in quella del 2024, abbiamo inviato un nostro elaborato all’Amministrazione comunale, agli assessori competenti, ai consiglieri e ai dirigenti degli uffici tecnici, con proposta di collaborazione. Lo stesso documento lo spedimmo anche al Comune di Latina che, pensate un po’, tempo dopo ci ha risposto convocandoci per un incontro durante il quale l’assessore all’Ambiente del capoluogo di provincia, non solo ha mostrato sensibilità per le questioni poste, ma si è detto disponibile per una futura collaborazione. Un esempio incoraggiante che ci saremmo aspettati anche dal nostro Comune. Restiamo in fiduciosa attesa.

Per rimanere in tema, riteniamo utile estrapolare un punto dal nostro ultimo documento che riguarda proprio la forestazione urbana, tassello fondamentale incluso nell’ambito della rigenerazione urbana e in particolare, evidenziamo la necessità dei grandi alberi all’interno della città.

<Abbiamo bisogno di una maggiore copertura arborea ed arbustiva per contrastare l’inquinamento, per avere più ombra nei periodi caldi dell’anno e per la nostra salute, e gli alberi, soprattutto i grandi alberi, sono la soluzione. Sappiamo che i terreni in cui piantarne di nuovi sono insufficienti a causa della mancanza di una buona pianificazione che prevedesse spazi verdi ben distribuiti nel contesto urbano e adeguati al numero dei residenti e di una cementificazione selvaggia che tuttora continua a flagellare l’intero territorio comunale. Di conseguenza, quello che proponiamo è (oltre a piantarne di nuovi ove possibile) tutelare i pochi grandi alberi che ancora ci restano come patrimonio inestimabile e puntare sul miglioramento della qualità di aiuole, parchi e giardini pubblici, conferendogli il più possibile le caratteristiche tipiche di un bosco naturale (soluzione utile per la tutela della biodiversità e dunque anche per il contrasto alle malattie fungine o batteriche che colpiscono le piante in misura crescente, dati gli stress conseguenti al cambiamento climatico). Per raggiungere questo obiettivo, occorre confrontarsi con la realtà dello stato attuale e con i risultati della ricerca e riferirsi ad esempi di realizzazioni fuori dai nostri confini, che sono molti e ben collaudati. Questa è una premessa importante per procedere ad una pianificazione mirata ad una rigenerazione urbana veramente sostenibile in cui gli alberi siano, finalmente, i protagonisti principali per costruire un futuro migliore. La presenza dei grandi alberi è fondamentale perché forniscono all’ ambiente e ai suoi abitanti servizi ecosistemici essenziali e un’influenza benefica sulla psiche degli individui riducendone l’ansia, come dimostrato da numerosi studi scientifici. Ricordiamo che i benefici che essi generano, sono di gran lunga superiori a quelli generati da piccoli e giovani alberi, che impiegheranno decenni per divenire altrettanto performanti. Soprattutto ora che stiamo subendo le alte temperature di stagioni estive sempre più prolungate, l’ombra di un albero adulto e dalla chioma ben sviluppata è più che mai necessaria per combattere la formazione delle famigerate isole di calore, letali per le fasce più fragili della popolazione (quelle costituite da bambini piccoli, anziani e indigenti) e per i lavoratori del settore edile e agricolo. Il numero crescente delle morti a causa del surriscaldamento degli ambienti urbani, ha spinto le amministrazioni di alcune metropoli e città straniere ad adottare una nuova figura istituzionale: il CHO (Chief Heat Officer), o “Direttore del calore”, un esperto di strategie che rendano più resilienti e vivibili le città” >.

Sottolineiamo che le ondate di calore, che durante i freddi invernali tendiamo a dimenticare, qui da noi diventano sempre più frequenti e insopportabili e l’ombra diventa una risorsa “civica”, una condizione necessaria per la nostra salute. Secondo i risultati di uno studio riportato sul “National Geographic”, le temperature delle strade esposte alle radiazioni solari raggiungono dai 3 ai 7°C in più rispetto a quelle ombreggiate dagli alberi. Ne sappiamo qualcosa noi terracinesi quando in estate percorriamo a piedi le vie cittadine o quando parcheggiamo la nostra auto lungo le strade o nei piazzali antistanti i supermercati: per mancanza di chiome verdi raffrescanti, tortura assicurata che ci viene dalle grandi superfici asfaltate e dalle lamiere roventi delle automobili.

Per queste ragioni ci sconcerta la delibera di abbattimento dei pini che la giunta ha prodotto e crediamo che in  questo rientri anche un pregiudizio pericoloso che ha ben attecchito  nella mentalità comune (di cui, a quanto pare, i nostri amministratori si fanno dei convinti portabandiera): il Pino domestico ( Pinus pinea) passa per essere un” albero killer”, pericoloso a prescindere e vittima di maniacale dendrofobia, nonostante gli enormi benefici che ne derivano in termini di difesa della biodiversità, azione purificatrice dell’aria, miglioramento dei livelli di stress a causa dei composti organici volatili che emette e via dicendo.

E per quanto riguarda la sostituzione dei pini da abbattere: perché optare per una sola specie (Cinnammomum camphora) in via Appia, in via Badino e in viale Europa? E’ stato richiesto il parere di un agronomo? C’è la consapevolezza del fatto che le piantagioni monospecifiche sono la soluzione peggiore in termini di difesa ambientale?

In conclusione ci chiediamo: ma costoro, i decisori, non hanno genitori anziani, figli o nipoti delle cui sorti preoccuparsi? Hanno preso davvero coscienza della minaccia globale che sta sconvolgendo il mondo intero? Possibile che non si rendano conto delle interrelazioni che legano tutti gli aspetti della realtà in cui viviamo?

 E, soprattutto, sono consapevoli del peso del proprio ruolo e delle conseguenze delle proprie decisioni nei confronti dell’intera comunità cittadina da ora ad un domani non poi così lontano?

Osservazioni sul nuovo PUA

Sono mesi, forse più di un anno che seguiamo le vicende del PUA per la nostra città. Prima il PUAR (piano della Utilizzazione Arenile Regionale) che ci sembrava, nell’impianto generale, abbastanza accettabile. Accettabile e condivisibile perché partiva (parte) da presupposti importanti ormai ineludibili in qualsiasi parte del mondo: i cambiamenti climatici, ormai accertati e provati, stanno provocando a livello planetario una crisi climatica sempre più presente e pressante sulla natura, sui territori e naturalmente sulle comunità umane, per questo vanno adottate strategie di mitigazione e adattamento per ridurne gli effetti. Queste premesse le abbiamo trovate poi declinate nel PUA comunale, adottato preliminarmente dal consiglio comunale in epoca commissariale, dove venivano precisate alcune prescrizioni nel senso di quanto scritto precedentemente.
Inspiegabilmente invece il consiglio comunale, entrato in carica nel settembre 2023, invece dell’adozione in via definitiva ha optato per una revisione del documento.
Certo le ragioni sono apparse subito chiare tanto che si parla, ancora nell’ultimo consiglio, di “adeguare il PUA alle esigenze dei cittadini” e di quali cittadini è facile immaginarlo, non certo i cittadini che non potendosi permettere le tariffe in vigore presso gli stabilimenti balneari, potrebbero comunque usufruire della spiaggia libera. Ed è ipocrita definire spiaggia libera un tratto di arenile dove l’erosione è evidente e pesante, la pulizia assente e dove in compenso abbondano solo i sassi arrivati chissà da dove; spiagge libere di superfici irrisorie e molto spesso di pochi metri lineari.
Senza considerare che tutta la baruffa, 9 ore di commissione demanio, si è consumata sul tratto di arenile prospiciente la zona urbana. Senza considerare che dalla foce di Badino verso Sisto e dalla spiaggia di levante verso Napoli si assiste ad un vero e proprio Far West. Imprenditori balneari che spianano tratti di duna residua, realizzano ripascimenti, chiamati in un altro modo, in proprio, utilizzano le famose scogliere, quelle del ripascimento del 2006 per intenderci, ad uso e consumo personale; proprietari di ville costruite sulla sabbia che invece del ripascimento alzano muri, anche doppi, al risparmio, per fermare la furia del mare laddove l’erosione è davvero importante. E infine accessi inesistenti, negati perché di pertinenza di ville, villette, bar e campeggi.
Altro tema assolutamente eclissato è quello dell’uso dell’arenile, ormai da 5 anni, da parte delle tartarughe Caretta caretta, specie protetta, i cui individui femmine insistono ad uscire dal mare e tentare la nidificazione sul nostro litorale. Neanche una parola sulla necessità di regolamentare la pulizia della spiaggia, sull’uso dell’illuminazione e altro. Una dichiarazione di “Comune amico delle tartarughe” non si nega a nessuno, una stretta di mano davanti al fotografo e il gioco è fatto. Diverso è operare, di concerto con i ricercatori della Regione che operano sul campo, affinché questi animali possano trovare un ambiente accogliente o quanto meno non respingente o ostile; ne è la prova il ritrovamento di tracce senza nidificazione (U turn) segno che la tartaruga è uscita ma, disturbata, è tornata in mare, oppure il ritrovamento della traccia dell’egg chamber (camera scavata nella sabbia dove la tartaruga depone le uova) scavata ma non utilizzata, vuota, e anche in questo caso pensiamo che la tartaruga sia stata spaventata o disturbata.
E non si pensi che il PUA sia altro rispetto alla gestione del verde o della mobilità nel tratto immediatamente contiguo all’arenile. Molte Tamerici, alberi che regalano un’ombra gradevolissima e senza soluzione di continuità in alcuni tratti, sono inspiegabilmente morte stecchite e la loro mancanza non si è fatta sentire specie per quelle attività commerciali che le vedevano come un intralcio. Il verde delle aiuole viene potato in malo modo e dove ci dovrebbero essere essenze striscianti spesso la terra è desolatamente coperta da plastica o da rifiuti. Per quanto riguarda la mobilità la pista ciclabile, unica in città, è dominio di bici elettriche che sfrecciano anche a 40Km orari e la sede stradale è perennemente invasa da auto che inquinano l’aria. Inoltre sia la sede stradale che la pista ciclabile si allagano puntualmente ad ogni piccola pioggia perché i tombini sono occlusi e le acque, vorremmo ricordare che raccolgono gli inquinanti che si depositano sull’asfalto, si disperdono sull’arenile invece che essere convogliate correttamente.
In questo momento (ore 18.00 di giovedì 3 ottobre), mentre si discute usando bizantinismi per arrivare non si sa dove, una potente mareggiata si è mangiata la spiaggia, viale Circe è tutto allagato e l’acqua arriva a coprire i marciapiedi e in via Badino, davanti alla scuola Giovanni Paolo, le auto affondano fino a metà delle ruote nell’acqua che non è riuscita a defluire a causa della cementificazione e della pessima rete fognaria.
Non si può far finta di niente davanti alle centinaia di metri quadrati di mattoni di cemento lasciati sull’arenile dopo lo smontaggio delle strutture. In termini di impermeabilizzazione del suolo e di erosione equivalgono a un palazzo o un parcheggio.
Non possiamo tacere perché non degno di una città davvero sostenibile e solidale, la situazione dell’arenile circa l’accesso ai disabili.
In sintesi quindi la nostra associazione richiama l’amministrazione ad avere a cuore davvero la salute dei cittadini e dell’ambiente cercando e mettendo in atto strategie che aiutino l’economia che in tutto il mondo quando si parla di turismo sostenibile, è un settore in continua crescita. Il focus dell’azione amministrativa quindi si dovrebbe fissare su;
PUA (modificato)
PIANO DEL VERDE (indispensabile per il caldo estremo e le piogge torrenziali anche sul litorale)
PUMS (con rifacimento del sistema di captazione delle acque meteoriche)
E soprattutto controlli.

Urban Nature 2024

L’estate 2024 sembra terminata ma forse ci riserva ancora sorprese; la stessa, da mesi, ci sta mettendo tutti a dura prova per le caratteristiche meteo – climatiche che abbiamo potuto sperimentare.

Le città della nostra provincia sono sempre tra le più calde d’Italia ed anche la nostra Terracina si è presentata, in luglio e agosto, come attanagliata in una “bolla di calore” che ha reso la vita insostenibile.

Dal 2018, annus horribilis in cui l’uragano ci ha dimostrato la veridicità delle previsioni, non abbiamo fatto nulla per invertire la rotta. Non si è mai programmato nessun piano di azione o investimenti a breve, medio e lungo termine, atti a contrastare il global warming crescente e a rendere resilienti le città e i territori in cui viviamo. Come se, per un singolare e perverso meccanismo di autodistruzione, i primi freddi e le prime piogge cancellassero il ricordo dei gravi disagi vissuti e, dunque, la consapevolezza profonda del pericolo per la nostra salute. 

Il WWF Italia quest’anno, in occasione dell’evento URBAN NATURE, lancia attraverso la rete locale, la realizzazione di iniziative di RIGENERAZIONE URBANA finalizzate alla mitigazione del danno climatico a cui tutti siamo sottoposti, ma più ancora gli anziani, i bambini piccoli, i malati e gli indigenti.

Per questo motivo e proprio perché convinti del nostro pensiero e della necessità di azioni non più procrastinabili, sono al nostro fianco l’associazione ISDE (medici per l’ambiente), alcuni comitati di cittadini e il gruppo scout Terracina 3.

Al fine di realizzare questo progetto, in un primo momento nelle forme più semplici abbiamo programmato, per il giorno 28 settembre p.v., una iniziativa nel parco Bachelet e vi diamo appuntamento alle 16:30.

I ragazzi scout collaboreranno con noi per sensibilizzare le persone ad avere cura del parco, dalla pulizia alla gestione, in termini di cura e rispetto, del verde; gestione che spetta all’amministrazione ma che necessita dell’impegno dei cittadini nel sollecitare gli interventi.

Molti cittadini si stanno ribellando sui social al taglio dei pini che sta avvenendo in giro per la città e sono al nostro fianco per chiedere la massima cura delle nostre aree verdi, isole di fresco e di biodiversità.

Breve storia triste del verde di Terracina

Ogni procedimento autorizzativo, ogni atto amministrativo che avvenga in buona o cattiva fede in contrasto con la normativa vigente in materia, con le leggi dello Stato, Regione o di Enti sovranazionali, si traducono inevitabilmente in un danno per il patrimonio di una comunità, dell’ambiente e della dignità e del futuro dei cittadini, specie i più fragili.

La realizzazione di alcuni progetti di rigenerazione urbana, il parcheggio in Piazza dei Cavalieri di Vittorio Veneto e quello interno con ingresso da via Lungolinea Pio VI, e le autorizzazioni ad alcuni interventi in proprietà private, ci fanno temere purtroppo sul reale interesse che la nostra città ha per il verde come patrimonio in sé, un patrimonio che rappresenta una delle ultime speranze per quelle strategie vitali per la sopravvivenza della vita sul nostro Pianeta.

Tutti quelli che si interessano di cambiamenti climatici e della conseguente crisi climatica insistono su due azioni fondamentali: la mitigazione degli effetti e l’adattamento ai cambiamenti. In tutti e due i casi l’implementazione del verde, in termini di biomassa e di azione meccanica sul suolo, rappresenta un punto focale.

Nel nostro comune invece, con tutte le fiacche autorizzazioni da parte degli organi preposti, vengono abbattute decine di piante e, quando questo avviene, vengono sostituite con essenze alloctone; ne è un fulgido esempio la sostituzione dei pini di viale della Vittoria con piante di Canfora, spontanee in Asia. Il Comune ha, di conseguenza, autorizzato anche in una villa adiacente la sostituzione di molti lecci, in ottimo stato di salute, con queste piante.

Ora ci troviamo di fronte una proprietà inizialmente privata, villa Adrower, che è tornata privata dopo un passaggio alla proprietà comunale e quindi di proprietà della comunità di Terracina. Un’area sì ricca di Pini ma anche Ulivi, specie di cui è vietato l’abbattimento con una legge del 1951, e addirittura se ne vieta l’espianto, con legge regionale, se l’ulivo è monumentale.

Purtroppo alla luce dell’assenza di un piano e regolamento comunale del verde pubblico e privato e di una scarsa conoscenza di quanto la comunità scientifica, in supporto alla azione legislativa, faccia per tutelare il patrimonio del verde, si assiste all’effetto devastante che è sotto gli occhi di tutti.

Ciò conferma una carente sensibilità ambientale che porta persino ad ignorare le Direttive Europee relative al divieto di potare alberi, arbusti e siepi durante il periodo di nidificazione degli uccelli. Direttive finalizzate alla protezione dell’avifauna e della biodiversità in genere.

Occorre, quindi, essere consapevoli di cosa succede intorno a noi, di cosa priviamo i nostri figli e nipoti e del fatto che i responsabili non trovano nessun impedimento da parte di chi dovrebbe guidarli a scelte al passo con i tempi.

IL MONDO AGRICOLO IN RIVOLTA E LE ISTITUZIONI COME RISPONDONO?

Da giorni il Paese è alle prese con la protesta del mondo agricolo, c’è grande confusione, soprattutto nel mondo politico, nel capire il vero problema tanto da scaricare le responsabilità sull’Europa, senza porsi il dubbio che probabilmente alcune cause del problema sono interne al nostro sistema produttivo.

Sono davvero le politiche Europee sull’ambiente a mettere in crisi alcuni comparti del settore agricolo italiano?

Sono per caso le mancate attuazioni di programma degli stati membri a non mettere in pratica in modo adeguato i programmi richiesti?

Sarà il Regolamento UE sui pesticidi a creare problemi all’agricoltura italiana?

Certo, i problemi non sono nati oggi, sono anche abbastanza datati, ma in questo periodo le crisi dei popoli, le guerre, hanno accentuato le molte fragilità del comparto agricolo mettendolo a dura prova, per questo le risposte della politica devono essere forti ed esaustive.

Tra le tante criticità venute fuori c’è ad esempio il non aver indirizzato una politica agricola che servisse in primis alle esigenze interne del Paese ricorrendo ad una politica di mercato, sicuramente molto soddisfacente per i grossi imprenditori agricoli, lasciando indietro quelle piccole e medie realtà che invece erano e sono il fulcro di un’agricoltura semplice, ordinata, che metteva e mette in atto pratiche colturali adatte al territorio, rispettando le stagionalità, rispettando il territorio, ma soprattutto i consumi.

Purtroppo l’agricoltura viene vista sempre come un settore da sussidiare e non come fonte trainante della nostra economia, tant’è che non è quasi mai al centro di una politica di settore programmatica, si è dato più risalto alla trasformazione che alla produzione primaria.

Le scelte e l’indirizzo dell’agricoltura italiana sono state lasciate in mano alle industrie come quelle semenziere, quelle della trasformazione, della grande distribuzione e della commercializzazione che hanno deciso cosa seminare, su quali prodotti puntare, sconvolgendo in questo modo anche quei prodotti caratteristici che erano parte del nostro patrimonio produttivo; sono nati quindi una serie di problemi in diversi comparti agricoli, molte produzioni sono state oggetto di  eccedenze provocando così, un crollo di prezzo alla produzione. Altri settori agricoli  molto spinti per una produzione per i mercati Europei che Extra Europei, sono tuttora in mano a poche persone ben organizzate. (L’export dell’agroalimentare italiano 2022 ha toccato 50 miliardi dati CREA).

Una protesta poco ascoltata dalla politica attuale che ha semplificato e imputato il problema al Green Deal senza sapere invece che se attuata potrebbe essere una risorsa o meglio un’opportunità che vedrebbe accrescere il loro profitto, vista l’attenzione alla sostenibilità. I consumatori sono cambiati e si rivolgono sempre più verso prodotti ottenuti con metodi sostenibili, rispettosi della natura nella sua meravigliosa complessità e della salute umana.

Riporto una attenta analisi fatta dal dott. Fantini in questi giorni, sicuramente non molto amico delle associazioni ambientaliste, ma un attento ed autorevole esperto di agricoltura e zootecnia del nostro Paese che dice:

 “Chiedere di annullare il Green Deal non fa bene all’immagine dell’agricoltura. Dà invece un ulteriore aiuto alle multinazionali del cibo che hanno tutto l’interesse a delegittimare la produzione primaria a vantaggio del cibo ultra-processato, che è bene chiarire per evitare ulteriori confusioni non è né la farina d’insetti e neppure la carne coltivata”.

Non va contestato il Green Deal Europeo ma come è stato gestito a livello EU e a livello nazionale perché è un’opportunità sia per i cittadini e sia per gli agricoltori”.

I veri problemi del comparto agricolo sono:

• Costi di produzione troppo elevati 

• Crisi del prezzo al produttore

• Prezzi elevati al consumo con crisi di mercato  

•  Costi troppo elevati per carburanti, energia, consorzi di bonifica ecc

• Rappresentanza sindacale debole con il comparto agricolo ma molto consociativa (condivisione del potere).

Ecco alcuni esempi

1 ql   di grano al produttore viene pagato 25 € =  1 kg di pane al consumo minimo 2,50 €  

1 lt   di latte al produttore viene pagato 50 centesimi =  1 lt di latte minimo 2.00 €

1 kg di zucchine viene pagato 1.00 € = 1 kg al consumo 5.00 €

Di esempi se ne possono fare tanti, ma vediamo meglio dove si trova la vera criticità all’interno di una filiera produttiva:

Produttore                                Corpo intermedio                                    Consumatore

1 € zucchina —————————???? ————————————— 5.00 €

All’interno del cosiddetto corpo intermedio troviamo tutti i rappresentanti della intermediazione che sono i grossisti, piazzisti, rivenditori, gruppi d’acquisto, trasportatori ecc. ed è proprio in questa sequenza di passaggi che il prodotto agricolo viene rivenduto più volte fino ad arrivare al consumatore quale ultimo anello della filiera a subire un prezzo non reale e molto elevato rispetto al costo di partenza.

La differenza tra il prezzo alla produzione ed il prezzo al consumo è veramente notevole, ed è qui che bisogna intervenire.

L’agricoltura purtroppo è stata esposta a speculazioni finanziare, rincorsa ai prezzi e profitti economici.

E cosa rispondono gli attuali responsabili politici?

Si pensa ad un’agricoltura di “Marchi” e alle “Eccellenze”, come se questo fosse la panacea

Si pensa al Made in Italy? Siamo uno dei paesi più grandi esportatori di pasta, ma non siamo autosufficienti per la produzione del grano, e allora? Non lo saremmo neanche se lo piantassimo in tutte le zone in cui è possibile produrlo, e allora il Made in Italy qual’è?

Si definiscono “Ecologisti” perché difendono il mondo agricolo, abolendo il regolamento sui pesticidi e mettendo in discussione Green Deal e invece rappresentano l’esatto contrario, tanto per essere precisi cito la definizione Treccani sull’ecologia

Studio delle interrelazioni che intercorrono fra gli organismi e l’ambiente che li ospita. Si occupa di tre livelli di gerarchia biologica: individui, popolazioni e comunità”.

Dott.ssa Patrizia Parisella per OA WWF Litorale Laziale

In arrivo i camminatori sulla via Francigena

Il WWF Litorale Laziale, Gruppo Attivo Litorale Pontino, da anni collabora con il Gruppo dei Dodici, camminatori sulla via Francigena, nella loro attività di percorrenza a piedi di uno dei Cammini più famosi nel mondo, LA Via Francigena.


Il nostro territorio è interessato proprio dalla parte Sud di questo interessante cammino e in alcuni punti strategici della nostra città si possono vedere tabelle, iscrizioni o anche murales dedicati alla via Francigena, segno che è proprio lì che il percorso passa; queste indicazioni tuttavia sono per i pellegrini che arrivano nella nostra città e vogliono fermarsi o solo attraversarla.
Il camminare su sentieri storici o meno del nostro territorio rappresenta, a nostro avviso, l’icona del turismo e della mobilità sostenibile, ragion per cui da sempre promuoviamo tale pratica invitando i nostri concittadini a partecipare, almeno quando i gruppi di camminatori sono presenti sul territorio.


Il 19 settembre un nutrito gruppo internazionale di camminatori è partito da Teano alla volta di Roma e si fermerà a Terracina. I camminatori arriveranno il 26 settembre nel pomeriggio e ripartiranno la mattina del 27 settembre verso Fossanova come prima tappa verso Roma. Ognuno può partecipare secondo le proprie possibilità di resistenza e allenamento, si può fare anche un brevissimo tratto dentro la nostra città dove, tra le altre cose, la Via Francigena del Sud, incontra un’altra via storica, l’Appia, la Regina Viarum.

Invitiamo quindi tutti i cittadini ad accoglierli sulla strada di arrivo, Via Appia passando per Piazza Palatina, e su quella della partenza, da Piazza Municipio attraverso il centro storico alto, Porta Napoletana e l’Appia antica.


Gli appuntamenti sono il 26 settembre alle 17.00 a Piazza Palatina e il 27 settembre alle 8.00 a Piazza municipio. Si raccomanda un abbigliamento comodo, soprattutto le scarpe, acqua e copricapo.

Incendi 2023

Oggi, 29 agosto finalmente è arrivata la pioggia, troppo tardi per l’enorme superficie di bosco andati in fumo. Fino a ieri mattina bruciava ancora il Monte Concutella ma la devastazione era iniziata 2 giorni prima con l’incendio appiccato alle pendici di Monte Leano e poi ancora Campo Soriano, Monte Pannozzo, Monte Romanelli (esattamente 3 anni dopo e nella stessa area come fa notare il comitato 12 Agosto di Casaletti), Valle Fasana e Santo Stefano, Monte dell’Acquasanta. Sarà sufficiente per i criminali incendiari che hanno utilizzato tutto il tempo disponibile prima delle piogge e ogni volta prima del buio?

E i suddetti criminali sono sempre sicuri del successo perché sanno che è come sparare sulla croce rossa. Appiccare il fuoco in aree difficilmente raggiungibili da terra e solo dai mezzi di spegnimento aerei; aree sconosciute, nella maggior parte delle volte, ai volontari che arrivano da località vicine e che poco conoscono il territorio collinare di Terracina; assenza di un sistema organico e moderno di controllo del territorio per cui gli interventi partono solo dopo la segnalazione di singoli cittadini e sono coordinati a livello regionale e si perdono minuti e a volte ore preziose; difficoltà di una corretta bonifica dopo lo spegnimento delle fiamme.

Insomma ce ne sarebbe per bocciare numerose amministrazioni, purtroppo quella di Terracina è in buona compagnia. Amministrazioni che con la loro indifferenza verso il fenomeno degli incendi favoriscono il degrado del territorio. Avete presente Itri? Vogliamo fare il bis e tris su Fondi, Terracina, Sonnino e oltre?

Purtroppo un territorio soggetto a incendi presenta un suolo non solo sterile, e quindi difficilmente recuperabile dal punto di vista biologico, ma incoerente e franoso per la mancanza di apparati radicali capaci contrastare lo scivolamento a valle.

E ancora purtroppo sappiamo che il governo centrale e regionale preferisce erogare fondi per l’emergenza, intervento di canadair a esempio, piuttosto che spendere in prevenzione: formazione, cura del territorio, nonché effettuare il dovuto catasto delle zone incendiate che deve essere adottato dai Comuni che provvedono a classificare e a vincolare le aree incendiate, ai fini dell’applicazione delle sanzioni a chi non rispetta il divieto di pascolo sulle suddette aree.

Infatti l’art. 3 del DL 120 del 8.9.2021, convertito in Legge 8 novembre 2021 n. 155  dispone, una specifica “misura di salvaguardia”:

“Il Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell’Arma dei Carabinieri e i Corpi forestali delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, entro quarantacinque giorni dall’estinzione dell’incendio, provvedono a rilevare le aree percorse dal fuoco e a rendere disponibili i conseguenti aggiornamenti non oltre il 1° aprile di ogni anno alle regioni e ai comuni interessati su apposito supporto digitale. Gli aggiornamenti sono contestualmente pubblicati in apposita sezione nei rispettivi siti internet istituzionali e comportano, limitatamente ai nuovi soprassuoli percorsi dal fuoco rilevati, l’immediata e provvisoria applicazione delle misure previste dall’articolo 10, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 353, fino all’attuazione, da parte dei comuni interessati, degli adempimenti previsti dal comma 2 del citato articolo 10. Il termine di applicazione dei relativi divieti decorre dalla data di pubblicazione degli aggiornamenti nei siti internet istituzionali”.

Per quanto sopra, quindi, ci sentiamo di chiamare in causa, ognuno per le proprie responsabilità diversi enti oltre quello comunale che comunque avrebbe il ruolo più importante: Polizia Municipale, Carabinieri Forestali, Parchi Regionali, Vigili del Fuoco.

L’importanza di questo team istituzionale e di come ci avevamo visto giusto l’abbiamo avuta l’anno scorso quando siamo riusciti a mettere intorno a un tavolo istituzionale i soggetti nominati, insieme alla Protezione Civile locale e altre associazioni ambientaliste; abbiamo presentato un documento con alcuni punti, pochi in verità, che secondo noi potevano, se realizzati, aiutare la collettività ad evitare quello che invece avviene puntualmente ogni anno e che, quest’anno, ci sembra più grave di sempre. Ci sembra, perché purtroppo non abbiamo da anni il catasto dei suoli percorsi dal fuoco e non possiamo fare confronti. 

Di seguito le nostre proposte presentate durante la riunione in oggetto, sollecitata con nostra richiesta prot. 10192 del 14/02/2022. (https://wwflaziogruppoattivolitoralepontino.com/2022/04/)

Azione di regolamentazione dell’uso del territorio

1.       Ordinanza sul divieto di fuochi (anticipare la sua pubblicazione a Marzo)

2.       Toponomastica strade collinari

3.       Manutenzione straordinaria e ordinaria delle strade, strade bianche e strade          vicinali

4.       Installazione segnaletica verticale dei sentieri CAI

5.       Obbligo ai proprietari della pulizia dei fondi, altrimenti interviene direttamente il Comune

6.       Contrasto alla caccia di frodo

7.       Contrasto al pascolo abusivo

8.       Definizione e segnalazione delle aree assegnate

9.       Applicazione, con il sostegno del Comune, del pascolo per zone assegnate, con recinto mobile, pascolo che così fatto contribuisce a tenere puliti i terreni e quindi ad abbassare il rischio incendi.

10.     Sanzioni immediate ai trasgressori soprattutto sulle aree percorse dal fuoco

11.      Cartellonistica efficace sull’uso delle aree a scopo ricreativo

12      Maggior controllo e sanzioni per i picnic in zone vietate, in particolare

13.     nei giorni festivi durante il periodo estivo

14.     il giorno di ferragosto

15.     Regolamentazione del taglio dei rami vicini ai fili elettrici

16.     Utilizzo di aree abbandonate all’uso privato (cava di Casaletti) come punto di coordinamento per mezzi e squadre

17.     Individuazione di aree attrezzate per la raccolta di acqua da utilizzare in caso d’incendio

18.     Sostegno ai privati dell’area collinare per la fornitura minima dell’acqua ad uso domestico

Azioni di formazione e informazione:

1.       Conoscenza del territorio da parte degli operatori che intervengono, anche da chi segnala

2.       Telesorveglianza Utile alla individuazione precoce di incendi, abbandono di rifiuti, atti di vandalismo

3.       Ai margini della via Appia (Torre Gregoriana- loc. Acquasanta— Km 105-Km 106 in loc. Barchi— Km 108 cava Picozzi-Km 109 torre Epitaffio)

4.       all’inizio di ogni strada, provinciale-comunale che costituisca accesso alle aree boschive (salita per contrada la Ciana, Via di Piazza Palatina, Contrada Casaletti, strada x Contrada I Colli- S. Stefano, strada per Largo Montagna-Campo dei Monaci – Francolane).

5.       Coinvolgimento nella prevenzione delle categorie di allevatori e cacciatori che potrebbero beneficiare degli incendi

6.       Uso della chat tra istituzioni, volontari e operatori per le segnalazioni da utilizzare anche per incendi o fuochi in aree a rischio o in periodo di divieto (serre, depositi di materiale vario, giardini)

7.       Dialogo con i coltivatori per lo smaltimento delle ramaglie

8.       Sollecitare la Regione per approvazione del PGAF (piano di gestione e assestamento forestale)

A questo punto non possiamo far altro che sollecitare la nostra amministrazione a provvedere da subito ad affrontare il problema, anche in collaborazione con altri comuni. Non siamo all’inizio dell’inverno e ci aspettiamo ancora altri roghi fino all’autunno inoltrato.

Considerazioni sulla pesca a strascico

Emilio Selvaggi avrebbe sgranato i suoi occhi grigi come sempre davanti ad un evento incredibile. Questa volta l’occasione sarebbe stata la notizia che la marineria di Terracina si schierava contro la decisione dell’Europa di regolamentare in maniera più stringente la pesca a strascico. Ancora più incredibile gli sarebbero apparse le dichiarazioni dell’europarlamentare conservatore già sindaco di questa ridente città durante la cui consiliatura sono stati approvate tre delibere di Giunta Comunale per progetti di ripopolamento ittico attraverso l’istallazione di piramidi  tecnoreef che se da una parte difendono la Posidonia oceanica e il SIC-ZSC, da essa caratterizzato, dall’altra contrastano gli impatti delle attività antropiche in particolare la pesca passiva e quella a strascico, una pratica che trascina via con le reti dal fondo tutto ciò che vi si trova lasciando il deserto dal punto di vista biologico.

Stiamo parlando delle delibere di Giunta Comunale n° 391 del 17.10.2006 (in verità sotto la consiliatura Nardi), n° 38 del 17.02.2014 e n° 44 del 19.02.2018. Le tre delibere hanno dato il via, nel primo caso e sostenuto la continuazione con le altre due ad un progetto importante denominato “Mare Nostrum”. In sostanza il progetto, finanziato dalla Regione Lazio e monitorato continuamente dall’Università di Pisa (nel caso siano necessari i dati scientifici), ha preso il via come progetto di ripopolamento della fauna ittica, depauperata pesantemente proprio dalla pesca a strascico tanto da dover adottare il fermo pesca nel mese di settembre ormai da anni. Si è così realizzata un’area marina protetta di una superficie di 25 ettari su cui sono stati posizionati i tecnoreef.

Dato l’eccellente risultato in termini di aumento della fauna, tanto da richiamare vicino alla costa anche pesci da altura, e una ripresa rigogliosa della Posidonia oceanica, il progetto è stato poi rifinanziato raddoppiando il perimetro dell’area marina protetta (totale 50 ha) allungata verso Badino, a 600 metri dalla costa e a cavallo del SIC. L’obiettivo del progetto questa volta “Ripristino della Biodiversità e degli Ecosistemi marini”. Questa seconda volta ai tecnoreef sono stati aggiunti dei “ganci” deputati proprio al contrasto della pesca a strascico.

Infine, poiché nella relazione finale viene evidenziato proprio lo straordinario effetto di questa strategia, il comune di Terracina partecipa al bando Life 2020 per il definitivo raddoppio dell’area marina protetta per un finanziamento di 1.200.000 euro purtroppo bocciato.

Da ultimo, sempre il comune di Terracina, sottoscrive nel 2022 il Contratto di Costa, strumento normativo e progettuale per la difesa della biodiversità e la sostenibilità ambientale sull’ecosistema marino così fragile ma strategico anche per l’economia di tanti comuni costieri. Non vogliamo commentare la strumentale presa di posizione di certi politici ma vogliamo comunque sottolineare che con largo anticipo sui tempi il comune di Terracina si è avviato su un percorso virtuoso in piena sintonia con il documento europeo e sempre con la benedizione dell’europarlamentare e dei suoi successori. Questo percorso, che purtroppo non ha visto ulteriore investimenti forse per l’incapacità di rispondere adeguatamente ai bandi, mostra senza ombra di dubbio che l’atteggiamento dei politici locali e quelli poi migrati in Europa era di tutt’altro segno rispetto ai proclami odierni. Le strategie proposte dal Piano d’azione dell’UE ricalcano in pieno, ampliandoli, gli obiettivi del progetto Mare Nostrum e sono a tutto beneficio dell’ambiente e della comunità specie quella dell’economia legata al mare; non da ultimo, infatti, ci preme sottolineare che un’area marina protetta costituisce una forte attrattiva turistica e quindi utile alle attività che vogliono prosperare nell’ottica della sostenibilità.

Siamo quindi sinceramente stupiti di questo agitarsi su posizioni di chiusura, di negazionismo scientifico e guerra ai mulini a vento della ricerca e dell’ambientalismo che qui non c’entra niente.

A proposito di agricoltura e territorio

Sono trascorsi molti anni dal 1992, anno della Conferenza delle Nazioni Unite, meglio conosciuta come Convenzione di Rio de Janeiro, dove gran parte dei leader mondiali concordarono per una strategia comune per la tutela della diversità biologica.

Dobbiamo comunque registrare che da allora ad oggi non ci sono stati cambiamenti sostanziali nelle politiche produttive, spesso rappresentate da consistenti peggioramenti, in quanto molti Stati hanno preferito uno sviluppo economico di tipo industriale dell’agricoltura e della zootecnia, finalizzato all’aumento dei consumi e della redditività.

Pertanto si sono consolidate le condizioni fondamentali, per l’economia agricola, di derogare agli obiettivi ed ai termini dello sviluppo sostenibile.

I fattori produttivi destinati all’agricoltura si sono ampliati nello spazio nel tempo e nella quantità ed hanno generato: inquinamento  generalizzato  dell’acqua, aria e suolo, consumo del suolo, urbanizzazione, infrastrutture distruzione degli ecosistemi, utilizzo di molecole di sintesi , fitofarmaci, pesticidi , tecniche di allevamento non idonee, antibiotico resistenza, produzione enorme di rifiuti e reflui inquinanti , contribuendo in modo sostanziale agli squilibri strutturali del pianeta come i cambiamenti climatici, il riscaldamento globale, l’ acidificazione dei mari e molto altro.

A livello ecologico si iniziano a fare i conti con la semplificazione e la perdita della biodiversità e degli ecosistemi ed il rapporto fra la natura e l’uomo, che si era in qualche modo consolidato, dopo la prima rivoluzione industriale, sembra essere completamente saltato, lungi dal produrre nuove ipotesi di equilibrio.

Le ultime simulazioni (Gualdi et al. 2013) del CMCC, il Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici, per il periodo 1951-2050 confermano che in un’area per sue caratteristiche già particolarmente fragile agli stress, il clima tenderà a diventare più secco e caldo, con diminuzione delle precipitazioni (-5%), alte temperature (+1,5°-2°C), aumento del livello del mare (+7-12 cm).

Questi effetti dal punto di vista agricolo hanno portato e porteranno una serie di problemi alle piante agrarie e selvatiche, stress biotici (virus, batteri, funghi ecc.) assieme ad una grande quantità di fisiopatie, inquinamento delle falde acquifere, delle acque dolci e dei mari, salinizzazione, eutrofizzazione.

Un sostanziale aumento della desertificazione, una consistente perdita di habitat naturali, e di biodiversità. Questi sono i segni salienti della nuova era: l’Antropocene                        

Per questo è necessario una visione globale del problema, non considerare soltanto il settore agricolo, ma tutto il sistema agro-alimentare, industriale, della distribuzione, del consumo, del trasporto. 

L’ agricoltura che non è un’ attività naturale ma che agisce in ambienti ed ecosistemi naturali, soprattutto l’agricoltura Antropocenica, supera spesso i fattori ambientali e di stress, per questo deve importare enormi quantità di materia ed energia sussidiaria e di conseguenza produce inquinamento e rifiuti, ed è per questo che si parla di Agroecosistema.

Gli attuali agroecosistemi industrializzati e tecnologici hanno, quasi annullato gli ecosistemi originari, e dipendono per buona parte dei fattori produttivi, da materia ed energia sussidiaria come: substrati, fertilizzanti, ammendanti, sementi, mangimi ,farmaci, plastiche e fitofarmaci, che spesso sono prodotte dall’altra parte del globo e devono percorrere migliaia di km per raggiungere il campo o l’azienda producendo  per questo incredibili quantità di CO₂, che vanno assommate a quelle derivanti dalle  continue: lavorazioni, forzatura, irrigazione, cure culturali fortemente meccanizzate, plastiche per  protezione interventi fitosanitari, e sanitari, ricerca genetica, energia elettrica, reti informatizzate, infrastrutture e logistica.

Per questo un’agricoltura sostenibile dovrebbe voler dire effettuare pratiche agricole e produttive, che utilizzino al massimo i fattori presenti nel biotopo; fattori produttivi naturali rinnovabili, che producano la minore quantità di rifiuti, ed inquinati tutti riciclabili o riutilizzabili.

Spesso le produzioni tradizionali, quelle che hanno da secoli caratterizzato l’agroecosistema tradizionale, sono quelle più idonee, ripensare ad esempio ad una riqualificazione delle produzioni di un determinato territorio, che molti definiscono «reinvenzione della tradizione» accessibile all’intera popolazione, ai mercati zonali, al Km. zero, produzioni biologiche, oltre che favorire la piccola industria di trasformazione dalla aziendale a piccoli consorzi di produttori. 

E’ chiaro che se le cose fin qui descritte possono apparire scomode pensiamo anche che se si interviene tutti insieme, coinvolgendo più attori/stakeholder, dall’agricoltura all’ambiente, alla salute, qualche passo in avanti possiamo farlo.

Non esiste una Sostenibilità a compartimenti stagni, essa è un tema che appartiene in primis a noi cittadini con il nostro comportamento, senso civico ed etico, e poi a tutte le Istituzioni di ogni ordine e grado.

Noi come Associazione Ambientalista non possiamo non occuparci di questo tema così importante.

Patrizia Parisella

Quando la natura si diverte

Il Parco della Rimembranza di Terracina riapre parzialmente.

Dopo tanti mesi di chiusura sabato con un po’ di emozione siamo entrati di nuovo in quello che è il primo parco della nostra città, rimasto chiuso per 5 lunghi mesi.

Li’ ci sentiamo privilegiati e presi per mano dalla bellezza dei nostri luoghi: da lì si abbraccia in un solo sguardo tutta Terracina, le isole, il Circeo, ed è un’emozione che scalda il cuore.

Naturalmente la natura ha preso il sopravvento e ci sono alcuni punti dove per passare ci vorrà un po’ di lavoro, ma è stato bellissimo muoversi tra l’acanto rigoglioso che la fa da padrone e palme e lecci nati un po’ ovunque, come si è divertita la natura. Abbiamo salutato l’albero del corallo che ci salutava comunque affacciato al muro tutte le volte che passavamo di là. Il glicine ci ha salutato pronto a fiorire presto.

E abbiamo pensato: ecco siamo tornati a casa.