A tutela della salute dei cittadini i Sindaci devono regolamentare l’uso dei pesticidi in agricoltura

Oggi è stata inviata a tutti i sindaci della provincia di Latina una lettera in cui Il WWF Litorale laziale e l’ISDE-Medici per l’Ambiente chiedono agli amministratori locali di affrontare la questione dei pesticidi in agricoltura.

Se ne potrebbe fare a meno come provano da tempo gli agricoltori che usano metodi biodinamici o biologici ma almeno va introdotto un regolamento a tutela dei cittadini e degli stessi operatori. E chi se non i sindaci possono intervenire in merito?

Come afferma l’oncologa pediatra Patrizia Gentilini  “Alla base di questi fitofarmaci in generale si trovano sostanze tossiche, persistenti, bioaccumulabili,  estremamente nocive. Gli effetti esercitati sugli organismi superiori e quindi anche sull’uomo da queste sostanze sono presenti anche a dosi infinitesimali (per l’atrazina sono descritti effetti a dosi 30.000 volte inferiori ai limiti di legge). Tali effetti si manifestano spesso tardivamente (anche dopo decenni) e variano anche a seconda del momento in cui avviene l’esposizione: gravidanza, allattamento, vita fetale, infanzia e pubertà sono momenti cruciali in cui il contatto con tali agenti può comportare effetti particolarmente gravi. La relazione fra pesticidi/fitofarmaci e tumori umani, in particolare linfomi, mielomi e leucemie, ma anche diversi tumori solidi, è stata ormai dimostrata in modo inequivocabile per gli agricoltori o per i lavoratori esposti. L’Italia detiene, in Europa, il triste primato della più alta incidenza di cancro nell’infanzia (in media 30 casi in più ogni anno per milione di bambini) e si registra nel nostro Paese un incremento annuo quasi doppio rispetto alla media europea: 2% annuo contro 1,1%. Per linfomi e leucemie nell’infanzia l’incremento annuo in Italia è rispettivamente del 4,6% e dell’1,6% contro un incremento in Europa rispettivamente dello 0,9 e dello 0,6%.                                                                                                                           Di fronte a queste considerazioni appare sempre più urgente l’unica strada che fino ad ora non è stata percorsa nella guerra contro il cancro, ovvero la strada della Prevenzione Primaria, cioè una drastica riduzione della esposizione a tutti quegli agenti chimici e fisici già ampiamente noti per la loro tossicità e cancerogenicità.”

La conferma che i pesticidi si trovano in giro fuori del loro ambito di utilizzo viene dal Rapporto nazionale Pesticidi nelle acque 2016 con dati 2013/14 dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca (ISPRA), convalidando purtroppo quanto affermato in precedenza dalla rivista Science che indica il nostro Paese come il maggior consumatore di pesticidi per unità di superficie coltivata dell’Europa occidentale, con un consumo pari a 5,6 chili per ettaro ogni anno. Un valore doppio rispetto a quelli della Francia e della Germania.

La presenza dei pesticidi nelle acque è in continua crescita, rispetto alla precedente rilevazione si ha un +20% in quelle superficiali e un +10% in quelle sotterranee. Le acque superficiali contengono pesticidi nel 63,9% dei 1.284 punti di monitoraggio (nel 2012 era 56,9%); quelle sotterranee nel 31,7% dei 2.463 punti (31% nel 2012). Cresce anche la varietà delle sostanze riscontrate:   224 tipologie di pesticidi a fronte dei 175 del 2012, dei 166 del 2010 e di 118 del biennio 2007-2008. E le sostanze che più spesso hanno determinato il superamento sono il glifosato, il metolaclor, il triciclazolo, l’oxadiazon, la terbutilazina.

Inquietante la presenza del glifosato, l’erbicida più diffuso al mondo, che proprio in questi giorni è oggetto di una raccolta di firme a livello europeo per bandirne l’uso.

        Nella nostra regione i dati a disposizione, per quanto limitati, d’altra parte, evidenziano la presenza di una contaminazione importante. Nelle acque superficiali ci sono residui nell’80,0% dei punti e nel 40,4% dei campioni. Sono state rinvenute 12 sostanze; le più frequenti sono terbutilazina, metolaclor e metamitron.

Nelle acque sotterranee è stata riscontrata la presenza di residui nel 38,1% dei punti e nel 11,1% dei campioni. Sono state rinvenute 12 sostanze le più frequenti sono: metamitron, oxadixil, terbutilazina e benfuracarb.

Il livello di contaminazione è superiore ai limiti di qualità ambientale in 2 punti delle acque superficiali (40,0% del totale) e in 1 punto delle acque sotterranee (4,8% del totale).

Tra i pochi punti della rete laziale di monitoraggio ce ne sono due che ricadono nel comune di Sabaudia e uno ciascuno nei comuni di Pontinia e di Terracina. In due di questi quattro punti il livello di contaminazione è alto.

La situazione non è delle più leggere e le Associazioni  scriventi, WWF Litorale laziale e ISDE-Medici per l’Ambiente, invitano i sindaci ad adottare misure incentivanti nei confronti degli operatori per una trasformazione della produzione agricola senza uso della chimica a tutela della salute pubblica.

Per questo le due Associazioni chiedono di dare prima possibile una regolamentazione dell’uso dei pesticidi in agricoltura come hanno iniziato a fare altre città italiane e di impegnarsi per la costruzione di un distretto rurale dove le produzioni agricole sarebbero condotte con metodi naturali così come viene fatto in altre parti del territorio nazionale.  Ne trarrebbero vantaggi in termini di salute tutti, in termini economici gli operatori che si inserirebbero in un mercato in espansione.

A maggio a Terracina terremo un convegno importante per dare un contributo di conoscenza sulla diffusione di tali prodotti, sui possibili rischi derivanti dal loro utilizzo e sulle potenzialità della domanda di frutti della terra coltivati con metodi alternativi.

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