A QUALCUNO PIACE BOLLENTE

Vorremmo dire la nostra, noi del WWF litorale laziale, sulla recente delibera di abbattimento di numerosi esemplari adulti di pino domestico che la Giunta Comunale di Terracina ha emesso a seguito di una semplice relazione della Polizia Locale secondo la quale gli alberi in questione vanno abbattuti perché pericolosi per l’incolumità dei cittadini; ma oltre ciò, non è stata esibita alcuna perizia tecnica dalla quale risulti l’effettiva pericolosità di ognuno di questi alberi, per cui la drasticità della decisione, francamente, ci sembra a dir poco incomprensibile. Non dovrebbe un’Amministrazione conservare un rapporto di assoluta trasparenza con i cittadini?  E’ chiaro che se le scelte vengono imposte dall’alto, senza spiegazioni esaustive, la cittadinanza, o buona parte di essa, si sentirà in (legittimo) diritto di protestare, tanto più che si tratta, in questo caso particolare, di un atto deliberativo che appare dettato dall’approssimazione e dal pregiudizio, senza che venga tenuta in alcun conto l’importanza di un patrimonio arboreo ormai ridotto all’osso di cui dovremmo occuparci con la massima cura, dati i tempi correnti. Su un punto, infatti, dovremmo essere tutti d’accordo: il cambiamento climatico non è un’opinione! E’ un tema troppo serio per essere relegato nell’empireo degli ideologismi e se la neutralità carbonica è un obiettivo troppo lontano da raggiungere per vari motivi legati alla geopolitica, l’ecoadattamento o la resilienza (chiamatelo come vi pare), come terapia parallela nel contrastare gli effetti derivanti dal global warming, è un’urgenza innegabile. Pena la nostra esistenza.

Eppure, basterebbe affacciarsi sul mondo e si saprebbe che molti Paesi stanno da tempo provvedendo a fronteggiare le catastrofi ormai inevitabili rigenerando città e metropoli con soluzioni ecosostenibili che puntano soprattutto sulla forestazione urbana, sulla depavimentazione delle città, sulla tutela delle falde idriche e sul ripristino e difesa della biodiversità, fondamentale per la vita sul pianeta. Tutti argomenti da noi trattati e proposti all’Amministrazione di Terracina, per ben 2 anni consecutivi, in occasione di “URBAN NATURE”, evento a carattere nazionale del WWF che ha lo scopo di promuovere la valorizzazione e la naturalizzazione del verde urbano come antidoto alla crisi climatica. Sia nell’edizione autunnale del 2023 che in quella del 2024, abbiamo inviato un nostro elaborato all’Amministrazione comunale, agli assessori competenti, ai consiglieri e ai dirigenti degli uffici tecnici, con proposta di collaborazione. Lo stesso documento lo spedimmo anche al Comune di Latina che, pensate un po’, tempo dopo ci ha risposto convocandoci per un incontro durante il quale l’assessore all’Ambiente del capoluogo di provincia, non solo ha mostrato sensibilità per le questioni poste, ma si è detto disponibile per una futura collaborazione. Un esempio incoraggiante che ci saremmo aspettati anche dal nostro Comune. Restiamo in fiduciosa attesa.

Per rimanere in tema, riteniamo utile estrapolare un punto dal nostro ultimo documento che riguarda proprio la forestazione urbana, tassello fondamentale incluso nell’ambito della rigenerazione urbana e in particolare, evidenziamo la necessità dei grandi alberi all’interno della città.

<Abbiamo bisogno di una maggiore copertura arborea ed arbustiva per contrastare l’inquinamento, per avere più ombra nei periodi caldi dell’anno e per la nostra salute, e gli alberi, soprattutto i grandi alberi, sono la soluzione. Sappiamo che i terreni in cui piantarne di nuovi sono insufficienti a causa della mancanza di una buona pianificazione che prevedesse spazi verdi ben distribuiti nel contesto urbano e adeguati al numero dei residenti e di una cementificazione selvaggia che tuttora continua a flagellare l’intero territorio comunale. Di conseguenza, quello che proponiamo è (oltre a piantarne di nuovi ove possibile) tutelare i pochi grandi alberi che ancora ci restano come patrimonio inestimabile e puntare sul miglioramento della qualità di aiuole, parchi e giardini pubblici, conferendogli il più possibile le caratteristiche tipiche di un bosco naturale (soluzione utile per la tutela della biodiversità e dunque anche per il contrasto alle malattie fungine o batteriche che colpiscono le piante in misura crescente, dati gli stress conseguenti al cambiamento climatico). Per raggiungere questo obiettivo, occorre confrontarsi con la realtà dello stato attuale e con i risultati della ricerca e riferirsi ad esempi di realizzazioni fuori dai nostri confini, che sono molti e ben collaudati. Questa è una premessa importante per procedere ad una pianificazione mirata ad una rigenerazione urbana veramente sostenibile in cui gli alberi siano, finalmente, i protagonisti principali per costruire un futuro migliore. La presenza dei grandi alberi è fondamentale perché forniscono all’ ambiente e ai suoi abitanti servizi ecosistemici essenziali e un’influenza benefica sulla psiche degli individui riducendone l’ansia, come dimostrato da numerosi studi scientifici. Ricordiamo che i benefici che essi generano, sono di gran lunga superiori a quelli generati da piccoli e giovani alberi, che impiegheranno decenni per divenire altrettanto performanti. Soprattutto ora che stiamo subendo le alte temperature di stagioni estive sempre più prolungate, l’ombra di un albero adulto e dalla chioma ben sviluppata è più che mai necessaria per combattere la formazione delle famigerate isole di calore, letali per le fasce più fragili della popolazione (quelle costituite da bambini piccoli, anziani e indigenti) e per i lavoratori del settore edile e agricolo. Il numero crescente delle morti a causa del surriscaldamento degli ambienti urbani, ha spinto le amministrazioni di alcune metropoli e città straniere ad adottare una nuova figura istituzionale: il CHO (Chief Heat Officer), o “Direttore del calore”, un esperto di strategie che rendano più resilienti e vivibili le città” >.

Sottolineiamo che le ondate di calore, che durante i freddi invernali tendiamo a dimenticare, qui da noi diventano sempre più frequenti e insopportabili e l’ombra diventa una risorsa “civica”, una condizione necessaria per la nostra salute. Secondo i risultati di uno studio riportato sul “National Geographic”, le temperature delle strade esposte alle radiazioni solari raggiungono dai 3 ai 7°C in più rispetto a quelle ombreggiate dagli alberi. Ne sappiamo qualcosa noi terracinesi quando in estate percorriamo a piedi le vie cittadine o quando parcheggiamo la nostra auto lungo le strade o nei piazzali antistanti i supermercati: per mancanza di chiome verdi raffrescanti, tortura assicurata che ci viene dalle grandi superfici asfaltate e dalle lamiere roventi delle automobili.

Per queste ragioni ci sconcerta la delibera di abbattimento dei pini che la giunta ha prodotto e crediamo che in  questo rientri anche un pregiudizio pericoloso che ha ben attecchito  nella mentalità comune (di cui, a quanto pare, i nostri amministratori si fanno dei convinti portabandiera): il Pino domestico ( Pinus pinea) passa per essere un” albero killer”, pericoloso a prescindere e vittima di maniacale dendrofobia, nonostante gli enormi benefici che ne derivano in termini di difesa della biodiversità, azione purificatrice dell’aria, miglioramento dei livelli di stress a causa dei composti organici volatili che emette e via dicendo.

E per quanto riguarda la sostituzione dei pini da abbattere: perché optare per una sola specie (Cinnammomum camphora) in via Appia, in via Badino e in viale Europa? E’ stato richiesto il parere di un agronomo? C’è la consapevolezza del fatto che le piantagioni monospecifiche sono la soluzione peggiore in termini di difesa ambientale?

In conclusione ci chiediamo: ma costoro, i decisori, non hanno genitori anziani, figli o nipoti delle cui sorti preoccuparsi? Hanno preso davvero coscienza della minaccia globale che sta sconvolgendo il mondo intero? Possibile che non si rendano conto delle interrelazioni che legano tutti gli aspetti della realtà in cui viviamo?

 E, soprattutto, sono consapevoli del peso del proprio ruolo e delle conseguenze delle proprie decisioni nei confronti dell’intera comunità cittadina da ora ad un domani non poi così lontano?

Osservazioni sul nuovo PUA

Sono mesi, forse più di un anno che seguiamo le vicende del PUA per la nostra città. Prima il PUAR (piano della Utilizzazione Arenile Regionale) che ci sembrava, nell’impianto generale, abbastanza accettabile. Accettabile e condivisibile perché partiva (parte) da presupposti importanti ormai ineludibili in qualsiasi parte del mondo: i cambiamenti climatici, ormai accertati e provati, stanno provocando a livello planetario una crisi climatica sempre più presente e pressante sulla natura, sui territori e naturalmente sulle comunità umane, per questo vanno adottate strategie di mitigazione e adattamento per ridurne gli effetti. Queste premesse le abbiamo trovate poi declinate nel PUA comunale, adottato preliminarmente dal consiglio comunale in epoca commissariale, dove venivano precisate alcune prescrizioni nel senso di quanto scritto precedentemente.
Inspiegabilmente invece il consiglio comunale, entrato in carica nel settembre 2023, invece dell’adozione in via definitiva ha optato per una revisione del documento.
Certo le ragioni sono apparse subito chiare tanto che si parla, ancora nell’ultimo consiglio, di “adeguare il PUA alle esigenze dei cittadini” e di quali cittadini è facile immaginarlo, non certo i cittadini che non potendosi permettere le tariffe in vigore presso gli stabilimenti balneari, potrebbero comunque usufruire della spiaggia libera. Ed è ipocrita definire spiaggia libera un tratto di arenile dove l’erosione è evidente e pesante, la pulizia assente e dove in compenso abbondano solo i sassi arrivati chissà da dove; spiagge libere di superfici irrisorie e molto spesso di pochi metri lineari.
Senza considerare che tutta la baruffa, 9 ore di commissione demanio, si è consumata sul tratto di arenile prospiciente la zona urbana. Senza considerare che dalla foce di Badino verso Sisto e dalla spiaggia di levante verso Napoli si assiste ad un vero e proprio Far West. Imprenditori balneari che spianano tratti di duna residua, realizzano ripascimenti, chiamati in un altro modo, in proprio, utilizzano le famose scogliere, quelle del ripascimento del 2006 per intenderci, ad uso e consumo personale; proprietari di ville costruite sulla sabbia che invece del ripascimento alzano muri, anche doppi, al risparmio, per fermare la furia del mare laddove l’erosione è davvero importante. E infine accessi inesistenti, negati perché di pertinenza di ville, villette, bar e campeggi.
Altro tema assolutamente eclissato è quello dell’uso dell’arenile, ormai da 5 anni, da parte delle tartarughe Caretta caretta, specie protetta, i cui individui femmine insistono ad uscire dal mare e tentare la nidificazione sul nostro litorale. Neanche una parola sulla necessità di regolamentare la pulizia della spiaggia, sull’uso dell’illuminazione e altro. Una dichiarazione di “Comune amico delle tartarughe” non si nega a nessuno, una stretta di mano davanti al fotografo e il gioco è fatto. Diverso è operare, di concerto con i ricercatori della Regione che operano sul campo, affinché questi animali possano trovare un ambiente accogliente o quanto meno non respingente o ostile; ne è la prova il ritrovamento di tracce senza nidificazione (U turn) segno che la tartaruga è uscita ma, disturbata, è tornata in mare, oppure il ritrovamento della traccia dell’egg chamber (camera scavata nella sabbia dove la tartaruga depone le uova) scavata ma non utilizzata, vuota, e anche in questo caso pensiamo che la tartaruga sia stata spaventata o disturbata.
E non si pensi che il PUA sia altro rispetto alla gestione del verde o della mobilità nel tratto immediatamente contiguo all’arenile. Molte Tamerici, alberi che regalano un’ombra gradevolissima e senza soluzione di continuità in alcuni tratti, sono inspiegabilmente morte stecchite e la loro mancanza non si è fatta sentire specie per quelle attività commerciali che le vedevano come un intralcio. Il verde delle aiuole viene potato in malo modo e dove ci dovrebbero essere essenze striscianti spesso la terra è desolatamente coperta da plastica o da rifiuti. Per quanto riguarda la mobilità la pista ciclabile, unica in città, è dominio di bici elettriche che sfrecciano anche a 40Km orari e la sede stradale è perennemente invasa da auto che inquinano l’aria. Inoltre sia la sede stradale che la pista ciclabile si allagano puntualmente ad ogni piccola pioggia perché i tombini sono occlusi e le acque, vorremmo ricordare che raccolgono gli inquinanti che si depositano sull’asfalto, si disperdono sull’arenile invece che essere convogliate correttamente.
In questo momento (ore 18.00 di giovedì 3 ottobre), mentre si discute usando bizantinismi per arrivare non si sa dove, una potente mareggiata si è mangiata la spiaggia, viale Circe è tutto allagato e l’acqua arriva a coprire i marciapiedi e in via Badino, davanti alla scuola Giovanni Paolo, le auto affondano fino a metà delle ruote nell’acqua che non è riuscita a defluire a causa della cementificazione e della pessima rete fognaria.
Non si può far finta di niente davanti alle centinaia di metri quadrati di mattoni di cemento lasciati sull’arenile dopo lo smontaggio delle strutture. In termini di impermeabilizzazione del suolo e di erosione equivalgono a un palazzo o un parcheggio.
Non possiamo tacere perché non degno di una città davvero sostenibile e solidale, la situazione dell’arenile circa l’accesso ai disabili.
In sintesi quindi la nostra associazione richiama l’amministrazione ad avere a cuore davvero la salute dei cittadini e dell’ambiente cercando e mettendo in atto strategie che aiutino l’economia che in tutto il mondo quando si parla di turismo sostenibile, è un settore in continua crescita. Il focus dell’azione amministrativa quindi si dovrebbe fissare su;
PUA (modificato)
PIANO DEL VERDE (indispensabile per il caldo estremo e le piogge torrenziali anche sul litorale)
PUMS (con rifacimento del sistema di captazione delle acque meteoriche)
E soprattutto controlli.

Urban Nature 2024

L’estate 2024 sembra terminata ma forse ci riserva ancora sorprese; la stessa, da mesi, ci sta mettendo tutti a dura prova per le caratteristiche meteo – climatiche che abbiamo potuto sperimentare.

Le città della nostra provincia sono sempre tra le più calde d’Italia ed anche la nostra Terracina si è presentata, in luglio e agosto, come attanagliata in una “bolla di calore” che ha reso la vita insostenibile.

Dal 2018, annus horribilis in cui l’uragano ci ha dimostrato la veridicità delle previsioni, non abbiamo fatto nulla per invertire la rotta. Non si è mai programmato nessun piano di azione o investimenti a breve, medio e lungo termine, atti a contrastare il global warming crescente e a rendere resilienti le città e i territori in cui viviamo. Come se, per un singolare e perverso meccanismo di autodistruzione, i primi freddi e le prime piogge cancellassero il ricordo dei gravi disagi vissuti e, dunque, la consapevolezza profonda del pericolo per la nostra salute. 

Il WWF Italia quest’anno, in occasione dell’evento URBAN NATURE, lancia attraverso la rete locale, la realizzazione di iniziative di RIGENERAZIONE URBANA finalizzate alla mitigazione del danno climatico a cui tutti siamo sottoposti, ma più ancora gli anziani, i bambini piccoli, i malati e gli indigenti.

Per questo motivo e proprio perché convinti del nostro pensiero e della necessità di azioni non più procrastinabili, sono al nostro fianco l’associazione ISDE (medici per l’ambiente), alcuni comitati di cittadini e il gruppo scout Terracina 3.

Al fine di realizzare questo progetto, in un primo momento nelle forme più semplici abbiamo programmato, per il giorno 28 settembre p.v., una iniziativa nel parco Bachelet e vi diamo appuntamento alle 16:30.

I ragazzi scout collaboreranno con noi per sensibilizzare le persone ad avere cura del parco, dalla pulizia alla gestione, in termini di cura e rispetto, del verde; gestione che spetta all’amministrazione ma che necessita dell’impegno dei cittadini nel sollecitare gli interventi.

Molti cittadini si stanno ribellando sui social al taglio dei pini che sta avvenendo in giro per la città e sono al nostro fianco per chiedere la massima cura delle nostre aree verdi, isole di fresco e di biodiversità.

Breve storia triste del verde di Terracina

Ogni procedimento autorizzativo, ogni atto amministrativo che avvenga in buona o cattiva fede in contrasto con la normativa vigente in materia, con le leggi dello Stato, Regione o di Enti sovranazionali, si traducono inevitabilmente in un danno per il patrimonio di una comunità, dell’ambiente e della dignità e del futuro dei cittadini, specie i più fragili.

La realizzazione di alcuni progetti di rigenerazione urbana, il parcheggio in Piazza dei Cavalieri di Vittorio Veneto e quello interno con ingresso da via Lungolinea Pio VI, e le autorizzazioni ad alcuni interventi in proprietà private, ci fanno temere purtroppo sul reale interesse che la nostra città ha per il verde come patrimonio in sé, un patrimonio che rappresenta una delle ultime speranze per quelle strategie vitali per la sopravvivenza della vita sul nostro Pianeta.

Tutti quelli che si interessano di cambiamenti climatici e della conseguente crisi climatica insistono su due azioni fondamentali: la mitigazione degli effetti e l’adattamento ai cambiamenti. In tutti e due i casi l’implementazione del verde, in termini di biomassa e di azione meccanica sul suolo, rappresenta un punto focale.

Nel nostro comune invece, con tutte le fiacche autorizzazioni da parte degli organi preposti, vengono abbattute decine di piante e, quando questo avviene, vengono sostituite con essenze alloctone; ne è un fulgido esempio la sostituzione dei pini di viale della Vittoria con piante di Canfora, spontanee in Asia. Il Comune ha, di conseguenza, autorizzato anche in una villa adiacente la sostituzione di molti lecci, in ottimo stato di salute, con queste piante.

Ora ci troviamo di fronte una proprietà inizialmente privata, villa Adrower, che è tornata privata dopo un passaggio alla proprietà comunale e quindi di proprietà della comunità di Terracina. Un’area sì ricca di Pini ma anche Ulivi, specie di cui è vietato l’abbattimento con una legge del 1951, e addirittura se ne vieta l’espianto, con legge regionale, se l’ulivo è monumentale.

Purtroppo alla luce dell’assenza di un piano e regolamento comunale del verde pubblico e privato e di una scarsa conoscenza di quanto la comunità scientifica, in supporto alla azione legislativa, faccia per tutelare il patrimonio del verde, si assiste all’effetto devastante che è sotto gli occhi di tutti.

Ciò conferma una carente sensibilità ambientale che porta persino ad ignorare le Direttive Europee relative al divieto di potare alberi, arbusti e siepi durante il periodo di nidificazione degli uccelli. Direttive finalizzate alla protezione dell’avifauna e della biodiversità in genere.

Occorre, quindi, essere consapevoli di cosa succede intorno a noi, di cosa priviamo i nostri figli e nipoti e del fatto che i responsabili non trovano nessun impedimento da parte di chi dovrebbe guidarli a scelte al passo con i tempi.

IL MONDO AGRICOLO IN RIVOLTA E LE ISTITUZIONI COME RISPONDONO?

Da giorni il Paese è alle prese con la protesta del mondo agricolo, c’è grande confusione, soprattutto nel mondo politico, nel capire il vero problema tanto da scaricare le responsabilità sull’Europa, senza porsi il dubbio che probabilmente alcune cause del problema sono interne al nostro sistema produttivo.

Sono davvero le politiche Europee sull’ambiente a mettere in crisi alcuni comparti del settore agricolo italiano?

Sono per caso le mancate attuazioni di programma degli stati membri a non mettere in pratica in modo adeguato i programmi richiesti?

Sarà il Regolamento UE sui pesticidi a creare problemi all’agricoltura italiana?

Certo, i problemi non sono nati oggi, sono anche abbastanza datati, ma in questo periodo le crisi dei popoli, le guerre, hanno accentuato le molte fragilità del comparto agricolo mettendolo a dura prova, per questo le risposte della politica devono essere forti ed esaustive.

Tra le tante criticità venute fuori c’è ad esempio il non aver indirizzato una politica agricola che servisse in primis alle esigenze interne del Paese ricorrendo ad una politica di mercato, sicuramente molto soddisfacente per i grossi imprenditori agricoli, lasciando indietro quelle piccole e medie realtà che invece erano e sono il fulcro di un’agricoltura semplice, ordinata, che metteva e mette in atto pratiche colturali adatte al territorio, rispettando le stagionalità, rispettando il territorio, ma soprattutto i consumi.

Purtroppo l’agricoltura viene vista sempre come un settore da sussidiare e non come fonte trainante della nostra economia, tant’è che non è quasi mai al centro di una politica di settore programmatica, si è dato più risalto alla trasformazione che alla produzione primaria.

Le scelte e l’indirizzo dell’agricoltura italiana sono state lasciate in mano alle industrie come quelle semenziere, quelle della trasformazione, della grande distribuzione e della commercializzazione che hanno deciso cosa seminare, su quali prodotti puntare, sconvolgendo in questo modo anche quei prodotti caratteristici che erano parte del nostro patrimonio produttivo; sono nati quindi una serie di problemi in diversi comparti agricoli, molte produzioni sono state oggetto di  eccedenze provocando così, un crollo di prezzo alla produzione. Altri settori agricoli  molto spinti per una produzione per i mercati Europei che Extra Europei, sono tuttora in mano a poche persone ben organizzate. (L’export dell’agroalimentare italiano 2022 ha toccato 50 miliardi dati CREA).

Una protesta poco ascoltata dalla politica attuale che ha semplificato e imputato il problema al Green Deal senza sapere invece che se attuata potrebbe essere una risorsa o meglio un’opportunità che vedrebbe accrescere il loro profitto, vista l’attenzione alla sostenibilità. I consumatori sono cambiati e si rivolgono sempre più verso prodotti ottenuti con metodi sostenibili, rispettosi della natura nella sua meravigliosa complessità e della salute umana.

Riporto una attenta analisi fatta dal dott. Fantini in questi giorni, sicuramente non molto amico delle associazioni ambientaliste, ma un attento ed autorevole esperto di agricoltura e zootecnia del nostro Paese che dice:

 “Chiedere di annullare il Green Deal non fa bene all’immagine dell’agricoltura. Dà invece un ulteriore aiuto alle multinazionali del cibo che hanno tutto l’interesse a delegittimare la produzione primaria a vantaggio del cibo ultra-processato, che è bene chiarire per evitare ulteriori confusioni non è né la farina d’insetti e neppure la carne coltivata”.

Non va contestato il Green Deal Europeo ma come è stato gestito a livello EU e a livello nazionale perché è un’opportunità sia per i cittadini e sia per gli agricoltori”.

I veri problemi del comparto agricolo sono:

• Costi di produzione troppo elevati 

• Crisi del prezzo al produttore

• Prezzi elevati al consumo con crisi di mercato  

•  Costi troppo elevati per carburanti, energia, consorzi di bonifica ecc

• Rappresentanza sindacale debole con il comparto agricolo ma molto consociativa (condivisione del potere).

Ecco alcuni esempi

1 ql   di grano al produttore viene pagato 25 € =  1 kg di pane al consumo minimo 2,50 €  

1 lt   di latte al produttore viene pagato 50 centesimi =  1 lt di latte minimo 2.00 €

1 kg di zucchine viene pagato 1.00 € = 1 kg al consumo 5.00 €

Di esempi se ne possono fare tanti, ma vediamo meglio dove si trova la vera criticità all’interno di una filiera produttiva:

Produttore                                Corpo intermedio                                    Consumatore

1 € zucchina —————————???? ————————————— 5.00 €

All’interno del cosiddetto corpo intermedio troviamo tutti i rappresentanti della intermediazione che sono i grossisti, piazzisti, rivenditori, gruppi d’acquisto, trasportatori ecc. ed è proprio in questa sequenza di passaggi che il prodotto agricolo viene rivenduto più volte fino ad arrivare al consumatore quale ultimo anello della filiera a subire un prezzo non reale e molto elevato rispetto al costo di partenza.

La differenza tra il prezzo alla produzione ed il prezzo al consumo è veramente notevole, ed è qui che bisogna intervenire.

L’agricoltura purtroppo è stata esposta a speculazioni finanziare, rincorsa ai prezzi e profitti economici.

E cosa rispondono gli attuali responsabili politici?

Si pensa ad un’agricoltura di “Marchi” e alle “Eccellenze”, come se questo fosse la panacea

Si pensa al Made in Italy? Siamo uno dei paesi più grandi esportatori di pasta, ma non siamo autosufficienti per la produzione del grano, e allora? Non lo saremmo neanche se lo piantassimo in tutte le zone in cui è possibile produrlo, e allora il Made in Italy qual’è?

Si definiscono “Ecologisti” perché difendono il mondo agricolo, abolendo il regolamento sui pesticidi e mettendo in discussione Green Deal e invece rappresentano l’esatto contrario, tanto per essere precisi cito la definizione Treccani sull’ecologia

Studio delle interrelazioni che intercorrono fra gli organismi e l’ambiente che li ospita. Si occupa di tre livelli di gerarchia biologica: individui, popolazioni e comunità”.

Dott.ssa Patrizia Parisella per OA WWF Litorale Laziale

Sollecitato il Comune per i lavori di manutenzione del Parco della Rimembranza

Proprio oggi è stata inviata al Comune di Terracina una pec per sollecitare gli urgenti lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria di cui il Parco ha bisogno da diverso tempo.

Questo l’estratto della comunicazione inviata.

“Non avendo ancora avuto riscontro, da parte dell’Amm.ne comunale, ai continui solleciti relativi all’oggetto, si reitera la richiesta e si fa  presente che il Parco della Rimembranza è ubicato su un’area fortemente in declivio e posta alla base, a Nord-Est del sovrastante ed imponente muraglione in “opera poligonale” dell’antica acropoli, a Nord dell’antico convento di San Francesco ed a Sud-Ovest della grande e non meno imponente parete in “opera quadrata”, in parte bugnata, del cosiddetto tempio di Minerva.

Nonostante l’abnegazione dei volontari che, giornalmente e fino alla chiusura del Parco per motivi di sicurezza, si sono prodigati per la salvaguardia degli aspetti ambientali del complesso monumentale, provvedendo ad effettuare tutti i piccoli interventi manutentivi atti a garantire le ordinarie condizioni di fruibilità, occorre far presente che da alcuni anni l’Amm.ne comunale non ha più dato seguito agli obblighi di cui all’art. 4 della convenzione che pone a carico del Comune “tutti gli interventi manutentivi ordinari e straordinari, messa in sicurezza del sito e quant’altro ritenuto necessario per assicurare la pubblica incolumità”.

A cominciare dall’antico e monumentale ingresso che, privo di interventi manutentivi da parte del Comune negli ultimi anni, ha comportato l’ammaloramento di tutte le facciate della scalinata con sfaldamento dell’intonaco e rovina dell’effetto decorativo delle pareti in finto travertino.

Tutte le strutture lignee di contenimento del terrapieno e delle scarpate lungo i sentieri sono ormai fatiscenti o crollate, con evidente scivolamento del terreno a valle e sui percorsi.

Le staccionate ed i pergolati in legno lungo i sentieri adiacenti le scarpate sono per la maggior parte divelte a causa della fatiscenza delle strutture lignee dovuta alla mancata manutenzione ordinaria e/o straordinaria da parte del Comune, con evidente pericolo per i visitatori.

Parte dei sentieri scalettati sono ormai ammalorati a tal punto che, al fine di evitare pericoli di cadute, sia per i gradini malconci che per i corrimani divelti o fatiscenti, il WWF, già prima della interdizione Commissariale al Parco, era stato costretto ad interdirli ai visitatori ed ai volontari stessi.

Le pietre dei muri a secco, che fanno da contenimento al terrapieno lungo i sentieri, sono, in alcuni tratti, in parte allentate ed in parte sfilate e franate sui percorsi dei visitatori.

Più volte abbiamo ritenuto necessario far effettuare un sopralluogo al bastione di contenimento dell’acropoli, posto sul lato Est del confine col parco, da parte di un tecnico strutturista e della Soprintendenza Archeologica, in quanto tale parete in pietra poligonale presentava delle fessurazioni che denotavano una evidente traslazione orizzontale e “spanciamento” del muro stesso (come poi dimostrato con perizia tecnica di professionista abilitato inviata dal WWF a Codesta Amm.ne)

La criticità dello stesso, come di altre strutture del parco, è stata più volte fatta presente con precedenti nostre note.

Inoltre, nel parco esiste una piccola costruzione adibita a WC pubblico per i visitatori ma è chiusa da alcuni anni in quanto, nonostante continui solleciti del WWF, non sono mai stati effettuati i necessari lavori di manutenzione straordinaria da parte del Comune.

Le aree alberate versano in uno stato di abbandono in quanto il parco, negli ultimi anni, non è stato adeguatamente curato dal punto di vista vegetazionale da parte del Comune.

Ciò nonostante, il gruppo di lavoro del WWF locale (prima della interdizione Commissariale all’ingresso per motivi di sicurezza) ha effettuato e continuava ad effettuare la manutenzione minuta del parco, come, ad esempio, la costruzione e messa in opera della cartellonistica lungo i viali, il ripristino (anche se di competenza del Comune) di alcune delle staccionate lignee ormai fatiscenti, il ripristino e/o ricostruzione dei cestelli della raccolta rifiuti in legno ed ormai marcescenti, il ripristino di tutte le panchine in legno che, nel tempo, sono state rovinate dalle intemperie, la cura di alcune di quelle specie botaniche del parco che hanno rischiato e rischiano di morire a causa della carente manutenzione della ditta del verde, la costruzione delle panche e dei tavoli rustici del belvedere e relativo pergolato ed altre operazioni giornaliere tipo l’innaffiatura (compito della ditta del verde e cioè del Comune) di tutte quelle piante che, a causa dei periodi di siccità degli ultimi tempi, stanno morendo e/o deperendo con grande rischio per il terrapieno che, privato della presenza dell’apparato radicale delle piante, sta scivolando a valle.

Mancando una cura assidua delle essenze vegetali, in special modo delle piante di alto fusto, il terreno sta diventando sempre più friabile con evidente pericolo di frana a valle, come evidenziato dalla perizia tecnica ed anche a causa della mancata irrigazione nel periodo estivo”

URBAN NATURE 2023

 Il 7 e l’8 ottobre, torna l’evento nazionale “Urban Nature: la festa della natura in città”, un’iniziativa del WWF , con appuntamenti in tutta Italia, per diffondere il valore e la cura della natura in città a beneficio di tutti. Ed è proprio in occasione di questa VII edizione di “Urban nature 2023” che il “WWF Litorale Laziale Gruppo Attivo Litorale Pontino”, chiede all’Amministrazione comunale di Terracina di farsi promotrice di iniziative che gli valgano la definizione ufficiale di “COMUNE IN DIFESA DELLA BIODIVERSITA’”, traendone un logo che potrebbe essere usato nella comunicazione istituzionale.

Questa nostra richiesta scaturisce appunto dall’evidente necessità di puntare sulla biodiversità anche negli ambienti urbani e antropizzati per salvaguardare l’esistenza della specie umana attraverso la pianificazione di uno “sviluppo sostenibile” innanzitutto a livello locale, implementando una serie di strategie volte alla conservazione degli ambienti naturali ed alla protezione della flora e della fauna.

Come? Promuovendo la concretizzazione di azioni che costruiscano o recuperino un equilibrio tra aree fortemente antropizzate, aree destinate a verde pubblico e paesaggio circostante.

 Una di queste azioni potrebbe riguardare, ad esempio, l’impianto dei cosiddetti “Wildflowers” (fiori selvatici) in prati ed aiuole, ottenendo miscugli di piante erbacee mediterranee tanto attraenti per gli insetti impollinatori da cui dipende la nostra esistenza. Del resto, si fa sempre più strada una nuova coscienza ambientalista che sta modificando anche il punto di vista estetico dei nuovi pianificatori urbani e progettisti del verde, sempre più orientati a conservare un aspetto più naturale che, oltretutto, consente costi minori di gestione ed un notevole risparmio di risorse idriche. Infatti, alla luce del cambiamento climatico in atto, non ha più senso voler realizzare a tutti i costi lo stereotipo del “prato all’inglese”, tipico dei parchi e dei giardini anglosassoni, nati in un clima atlantico o continentale e con temperature più basse e precipitazioni meteoriche frequenti. In realtà, quello di cui noi avremmo bisogno è, innanzitutto, nei giardini pubblici e privati, una maggiore densità arborea ed arbustiva, con piante prevalentemente autoctone, quindi più performanti nel contrastare siccità, calore eccessivo, inquinamento, perdita di biodiversità, e più attinenti alle nuove tendenze estetiche riguardanti la realizzazione e la cura del verde ornamentale.

Facciamo presente che la creazione di spazi verdi seminati ad erbe spontanee, è una realtà consolidata in diversi Paesi esteri e che anche in Italia cresce il numero di Comuni, piccoli e grandi, che aderiscono alle nuove idee progettuali di cui fanno parte anche le aree destinate alla creazione dei “giardini per le farfalle”. Ovviamente l’utilizzazione delle erbacee spontanee dovrà seguire alla valutazione dei loro caratteri funzionali che dovranno corrispondere a particolari requisiti (a seconda degli spazi a cui verranno destinate) tra i quali figura la gradevolezza estetica delle fioriture.

 Sarà importante che il Comune si renda protagonista della valenza educativa di un tal progetto nei confronti della cittadinanza e cerchi di coinvolgerla nelle realizzazioni in modo che si superi la diffidenza iniziale dei tanti che vedono i prati spontanei come aree trascurate ed invase da erbacce.

Per questo motivo è importante che il tutto venga gestito con competenza, praticando sfalci differenziati che evidenzieranno la distinzione netta tra le zone soggette ad una fruizione più intensa da parte degli utenti, e quindi trattate nel modo tradizionale a sfalcio intensivo, ed aree naturali con sfalci in numero limitato durante l’anno, che rispettino le fioriture delle erbe spontanee. Questa gestione differenziata, unita ad una delimitazione artificiale immediatamente visibile e al posizionamento di tabelle didattiche nelle aree naturali che ne indichino le finalità, comunicheranno alla collettività i benefici dei prati spontanei, garantendo alla cittadinanza la fruizione agevole dei percorsi, delle aree di sosta con panchine e di quelle destinate ai giochi dei bambini. Pensate, ad esempio, come potrebbero cambiare gradevolmente aspetto, se gestiti in tal modo, il “Parco Montuno” e il “Parco delle città gemellate”, o le aiuole spartitraffico all’ingresso ovest di Terracina che già ci deliziano, ogni primavera ed inizio estate, con le fioriture spettacolari del silene a fiori rosa.

 Un altro particolare non trascurabile è la validità didattica di un prato fiorito all’interno dei giardini scolastici, che potrebbe essere considerato come laboratorio all’aperto per gli scolari, i quali parteciperebbero a tutte le fasi dell’impianto: dalla preparazione del terreno alla semina e alla crescita delle piante, ecc., per arrivare all’osservazione degli insetti attratti dai fiori e di ogni altro mutamento di quel piccolo mondo fervido di vita. Per non parlare dell’aspetto culturale legato alla conoscenza delle tradizioni locali sull’uso delle erbe spontanee nell’alimentazione e per le loro proprietà terapeutiche: un patrimonio di conoscenze preziose per le future generazioni.

In conclusione, suggeriamo al Comune la possibilità di approfondire l’argomento riferendosi ad un documento interessante prodotto dall’ISPRA sulle “Specie erbacee spontanee mediterranee per la riqualificazione di ambienti antropici. Stato dell’arte, criticità e possibilità di impiego(https://www.isprambiente.gov.it/files/pubblicazioni/manuali-lineeguida/manuale_86_2013.pdf), 2013, e alle esperienze di altri comuni sul territorio nazionale, tra cui il Comune di Rimini che già da diversi anni sta attuando iniziative di inserimento di arre destinate a verde spontaneo nel verde pubblico. (https://www.comune.rimini.it/novita/verde-spontaneo-e-ambiente-naturale-citta-presentate-le-linee-guida-la-gestione-e)

In arrivo i camminatori sulla via Francigena

Il WWF Litorale Laziale, Gruppo Attivo Litorale Pontino, da anni collabora con il Gruppo dei Dodici, camminatori sulla via Francigena, nella loro attività di percorrenza a piedi di uno dei Cammini più famosi nel mondo, LA Via Francigena.


Il nostro territorio è interessato proprio dalla parte Sud di questo interessante cammino e in alcuni punti strategici della nostra città si possono vedere tabelle, iscrizioni o anche murales dedicati alla via Francigena, segno che è proprio lì che il percorso passa; queste indicazioni tuttavia sono per i pellegrini che arrivano nella nostra città e vogliono fermarsi o solo attraversarla.
Il camminare su sentieri storici o meno del nostro territorio rappresenta, a nostro avviso, l’icona del turismo e della mobilità sostenibile, ragion per cui da sempre promuoviamo tale pratica invitando i nostri concittadini a partecipare, almeno quando i gruppi di camminatori sono presenti sul territorio.


Il 19 settembre un nutrito gruppo internazionale di camminatori è partito da Teano alla volta di Roma e si fermerà a Terracina. I camminatori arriveranno il 26 settembre nel pomeriggio e ripartiranno la mattina del 27 settembre verso Fossanova come prima tappa verso Roma. Ognuno può partecipare secondo le proprie possibilità di resistenza e allenamento, si può fare anche un brevissimo tratto dentro la nostra città dove, tra le altre cose, la Via Francigena del Sud, incontra un’altra via storica, l’Appia, la Regina Viarum.

Invitiamo quindi tutti i cittadini ad accoglierli sulla strada di arrivo, Via Appia passando per Piazza Palatina, e su quella della partenza, da Piazza Municipio attraverso il centro storico alto, Porta Napoletana e l’Appia antica.


Gli appuntamenti sono il 26 settembre alle 17.00 a Piazza Palatina e il 27 settembre alle 8.00 a Piazza municipio. Si raccomanda un abbigliamento comodo, soprattutto le scarpe, acqua e copricapo.

Considerazioni sulla pesca a strascico

Emilio Selvaggi avrebbe sgranato i suoi occhi grigi come sempre davanti ad un evento incredibile. Questa volta l’occasione sarebbe stata la notizia che la marineria di Terracina si schierava contro la decisione dell’Europa di regolamentare in maniera più stringente la pesca a strascico. Ancora più incredibile gli sarebbero apparse le dichiarazioni dell’europarlamentare conservatore già sindaco di questa ridente città durante la cui consiliatura sono stati approvate tre delibere di Giunta Comunale per progetti di ripopolamento ittico attraverso l’istallazione di piramidi  tecnoreef che se da una parte difendono la Posidonia oceanica e il SIC-ZSC, da essa caratterizzato, dall’altra contrastano gli impatti delle attività antropiche in particolare la pesca passiva e quella a strascico, una pratica che trascina via con le reti dal fondo tutto ciò che vi si trova lasciando il deserto dal punto di vista biologico.

Stiamo parlando delle delibere di Giunta Comunale n° 391 del 17.10.2006 (in verità sotto la consiliatura Nardi), n° 38 del 17.02.2014 e n° 44 del 19.02.2018. Le tre delibere hanno dato il via, nel primo caso e sostenuto la continuazione con le altre due ad un progetto importante denominato “Mare Nostrum”. In sostanza il progetto, finanziato dalla Regione Lazio e monitorato continuamente dall’Università di Pisa (nel caso siano necessari i dati scientifici), ha preso il via come progetto di ripopolamento della fauna ittica, depauperata pesantemente proprio dalla pesca a strascico tanto da dover adottare il fermo pesca nel mese di settembre ormai da anni. Si è così realizzata un’area marina protetta di una superficie di 25 ettari su cui sono stati posizionati i tecnoreef.

Dato l’eccellente risultato in termini di aumento della fauna, tanto da richiamare vicino alla costa anche pesci da altura, e una ripresa rigogliosa della Posidonia oceanica, il progetto è stato poi rifinanziato raddoppiando il perimetro dell’area marina protetta (totale 50 ha) allungata verso Badino, a 600 metri dalla costa e a cavallo del SIC. L’obiettivo del progetto questa volta “Ripristino della Biodiversità e degli Ecosistemi marini”. Questa seconda volta ai tecnoreef sono stati aggiunti dei “ganci” deputati proprio al contrasto della pesca a strascico.

Infine, poiché nella relazione finale viene evidenziato proprio lo straordinario effetto di questa strategia, il comune di Terracina partecipa al bando Life 2020 per il definitivo raddoppio dell’area marina protetta per un finanziamento di 1.200.000 euro purtroppo bocciato.

Da ultimo, sempre il comune di Terracina, sottoscrive nel 2022 il Contratto di Costa, strumento normativo e progettuale per la difesa della biodiversità e la sostenibilità ambientale sull’ecosistema marino così fragile ma strategico anche per l’economia di tanti comuni costieri. Non vogliamo commentare la strumentale presa di posizione di certi politici ma vogliamo comunque sottolineare che con largo anticipo sui tempi il comune di Terracina si è avviato su un percorso virtuoso in piena sintonia con il documento europeo e sempre con la benedizione dell’europarlamentare e dei suoi successori. Questo percorso, che purtroppo non ha visto ulteriore investimenti forse per l’incapacità di rispondere adeguatamente ai bandi, mostra senza ombra di dubbio che l’atteggiamento dei politici locali e quelli poi migrati in Europa era di tutt’altro segno rispetto ai proclami odierni. Le strategie proposte dal Piano d’azione dell’UE ricalcano in pieno, ampliandoli, gli obiettivi del progetto Mare Nostrum e sono a tutto beneficio dell’ambiente e della comunità specie quella dell’economia legata al mare; non da ultimo, infatti, ci preme sottolineare che un’area marina protetta costituisce una forte attrattiva turistica e quindi utile alle attività che vogliono prosperare nell’ottica della sostenibilità.

Siamo quindi sinceramente stupiti di questo agitarsi su posizioni di chiusura, di negazionismo scientifico e guerra ai mulini a vento della ricerca e dell’ambientalismo che qui non c’entra niente.

Cura del verde e sicurezza assenti a Terracina

Come da pessima tradizione a Terracina sicurezza stradale e cura del verde sono agli ultimi posti delle priorità.
È successo che sabato notte o domenica mattina presto il forte vento ha abbattuto i tabelloni elettorali posti, maldestramente, in via Buonarroti. La zona è aperta e sempre soggetta a forti venti, infatti gli stessi tabelloni erano caduti alcuni giorni fa ed erano stati raccolti da alcuni cittadini volenterosi. Non sappiamo se l’ufficio preposto al posizionamento di queste plance aveva raccolto l’allarme di molti cittadini e provveduto a mettere in sicurezza il tutto.
Tutti sanno che una parete così lunga, dove le plance sono legate l’una all’altra, e non fissate a terra, può facilmente venire abbattuta dal vento mettendo a rischio in primis la sicurezza per i cittadini che passano su quel marciapiede.
A questo si aggiunga che questo enorme pannello trasformato in vela metallica si è abbattuto su alcuni giovani alberi presenti sullo stesso marciapiede. Ora tutti gli alberi sono prostrati a terra sulla sede stradale costituendo anche un pericolo per la circolazione delle auto, e gli alberi, esseri viventi che non hanno nessuna colpa, sono destinati alla morte.
Nella nostra città dove dal 2018, dopo l’uragano, gli alberi sono stati decimati, vuoi dalla violenza del vento, vuoi dalla paura di chi temeva crolli improbabili, il verde urbano si è impoverito decisamente e troppo poco si è fatto per recuperare.
Gli alberi sono i nostri primi alleati per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici e dovrebbero essere piantati in ogni angolo disponibile, senza risparmiare e risparmiarsi!
L’anno scorso il WWF ha piantato una trentina di alberi nostrani donati dal parco Regionale dei monti Aurunci nell’ambito del progetto “Ossigeno” e altri li pianterà quest’anno; i cittadini però dovrebbero fare proprio questo, comprare alberi o chiederli a noi, piantarli dove possiamo consigliare ma poi prendersene cura perché purtroppo questa estate per la scarsa irrigazione alcuni degli alberi piantati sono morti.

La nostra vita e la sua qualità dipendono dagli alberi. Lavoriamo insieme per la nostra città.